Sei su Archivio / 2020 / prospettive-noi-al-tempo-del-covid19


Il silenzio dell’anima al tempo del Coronavirus

a cura di Rosa Filia


Un tempo ricercavo il silenzio, dopo tanto parlare e a volte gridare. Non riuscivo ad afferrarlo, se non la sera quando i bambini dormivano e nella quiete dello studio la mente lavorava per il giorno dopo.

Spesso l’ho rimpianto quel silenzio, era una conquista, l’apprezzavo. Completava le giornate intrecciate di relazioni, di parole semplici, ricercate, studiate, diverse per ogni momento.

Qualche anno fa, alle soglie della terza età, avvertivo la solitudine delle nuove generazioni e sentivo il clic dei loro compagni di vita: i telefonini.

Non più parole, queste hanno perduto il suono e il significato; il vocabolario linguistico paurosamente ridotto, trionfava l’economia delle parole.

Oggi in piena pandemia il silenzio è la nostra vita. Solitudine che dall’interno si travasa e solidifica nella realtà oggettiva. Strade ammutolite, circospette; città abbandonate perché il virus si nasconde dietro le quinte. Non c’è traccia dell’uomo, chiuso in casa, ascoltando il silenzio della vita.

Il silenzio è stato visto attraverso i tempi e la letteratura in modi diversi: come simbolo di forza; come segno di stupidità.

Cos’è il silenzio, quale il suo vero valore? E’ opportuno dare voce ad ogni impulso interiore, proiettandolo fuori di noi o, a volte, è preferibile tacere?

Può essere, è vero, uno stato di quiete dovuto alla cessazione di ogni suono o rumore, ma spesso tutto ciò che non riusciamo a scorgere fuori di noi, accade dentro di noi.

Abbiamo l’opportunità di sentire il rumore della nostra anima: conflitti, pensieri, paure.

Tomas Transtromer (premio Nobel 2011 per la letteratura) scrisse che “il silenzio ha la facoltà di mettere in relazione l’esteriore con l’interiore”.

Lucio Anneo Seneca vissuto nel 1° secolo d.c. nel sesto libro di epistole scritte a Lucilio precisa la sua concezione del silenzio necessario per guardare dentro noi stessi, comprendere fino in fondo la nostra interiorità. Non importa, dice ancora, che l’ambiente che ci circonda sia tormentato, l’importante è che non ci sia caos dentro di noi.

Posizione affine a quella di Nietzsche che nel suo libro”Così parlò Zarathustra” assegnò la centralità della nostra esistenza alle ore di silenzio non a quelle più rumorose. Uomini saggi sono coloro che sanno scegliere la strada del silenzio. Tutti parlano, nessuno ha voglia di ascoltare.

In queste ore di angoscia si levano anche le parole di Papa Francesco “… In questo tempo c’è tanto silenzio, si può anche sentire il silenzio. E questo silenzio, che è un po’ nuovo nelle nostre abitudini, ci insegni ad ascoltare,ci faccia crescere nella capacità di ascolto”.

Occorrerà per lungo tempo rivedere i nostri stili di vita e purtroppo anche il silenzio e la distanza saranno qualcosa con cui dovremo convivere.

1919-1920 → la Spagnola

2019-2020 → Coronavirus

A un secolo di distanza due pandemie, una lotta contro un virus invisibile, subdolo che non ti guarda in faccia.

Lo vediamo la sera nella lettura dei dati, incollati davanti al televisore ad aspettare la sentenza di morti. Questi numeri che si avvicendano e scorrono sullo schermo ordinati, ma nello stesso tempo confusi,riempiono le nostre teste e ballano la danza della morte.

E’ uno dei momenti della giornata più angosciante. Muti, in religioso silenzio osserviamo sul monitor  i grafici, linee rosse, bianche - ad ascoltare il capo della protezione civile enunciare il bollettino, ricordare le norme, raccomandare. L’equilibrio psicologico umano vacilla, mostrando tutta la fragilità della nostra esistenza, di fronte all’elevata mortalità di questo virus. E’ il rituale di ogni sera. Solo da qualche giorno la curva sta prendendo  la strada  della discesa e ci si prepara così alla fase 2, il lento ritorno alla normalità. Quale normalità? Non certamente quella del “prima virus”.

La paura invece di abbatterci potrebbe essere la molla per una maggiore responsabilità e per rifondare ex novo il tessuto sociale.

Abbiamo tutto il tempo che vogliamo.

Vogliamo ciò che non abbiamo.

Tutto andrà bene” questo è lo slogan che spadroneggia dappertutto e fa capolino anche dentro di noi.

Quel clic dei compagni di vita: i telefonini, occupa anche le nostre giornate.

La solitudine, la malinconia ci fa abbracciare virtualmente il mondo intero. Intrecciamo e cementiamo relazioni, riempiamo parte delle nostre giornate.

Per fortuna noi abbiamo anche i libri.

I ragazzi scoprono lo studio a distanza e i loro compagni virtuali acquistano una valenza in più, si recupera in assenza dalle lezioni, ma si approfondisce il divario dalla realtà.

Vorrei concludere con le parole di Simone Cristicchi “Credo che non c’è peggior peccato che non stupirsi più di niente e che tutta l’intelligenza e la cultura del mondo resti muta e si inchini davanti a questo grande mistero, al miracolo di questa vita che va avanti,nonostante tutto,che non si ferma, che si trasforma ogni secondo. Perché la vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere”

(“Credo”)


 
     Area riservata      © 1996 - 2023 Biblioteca delle donne - Soverato (CZ)      Webmaster - www.sistemic.it