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Mettere
in ordine e ritrovarsi
a
cura di Lilly Rosso
Il
non avere quel giorno alcun aiuto domestico mi avrebbe consentito una
delle mie attività “preferite”: mettere in ordine. Mi è sempre
piaciuto mettere in ordine. Suppongo sia questa la mia unica, vera
vocazione. Riordinando le cose io creo e capisco al tempo stesso .
(Clarice
Lispector, La passione secondo G.H.)
Mettere
in ordine non è la mia unica, vera vocazione, ma iniziano così i
miei giorni sospesi.
Apro
l’armadio della biancheria, ritrovo le tovaglie di fiandra, le
lenzuola intagliate, ricamate, mai usate che facevano parte del
corredo di mia madre. Forse inconsciamente cerco di tornare ai miei
anni felici, in una casa calda di affetti. Lavo, stiro, ricordo, sono
sempre impegnata, non mi annoio.
Ho
però bisogno anche delle mie letture , specialmente al mattino,
quando è ancora troppo presto per iniziare la giornata e mi piace
indugiare tra le coperte. Organizzo al computer un elenco dei testi
che negli anni si sono accumulati nelle mie librerie, così mi è più
facile ritrovarli.
Va
tutto bene? Non proprio, mi manca l’abbraccio dei miei figli, il
profumo dei fiori multicolori di una Primavera solo annunciata, ma
non mi faccio sopraffare da pensieri fastidiosi.
Poi
succede qualcosa che mi dà ansia,ho bisogno di fare una pausa, di
incontrare i miei desideri, le mie paure, le inquietudini, non ho più
voglia di leggere, pulisco sul pulito, mi sento sola, dormo molto
poco. Vado indietro nel tempo con tenerezza, con incanto, senza
nostalgia, mi serve a incontrare me stessa.
Le
emozioni sono tante, ma senza pensiero non servono. Vedo la grande
differenza tra il dentro e il fuori. Il mio fuori sono le altre, gli
altri, quei corpi, quelle mani che non possiamo toccare ma che
dobbiamo sempre più imparare a riconoscere.
Il
mio dentro me lo dà questo tempo ritrovato che consente la lentezza
e il riaffiorare della memoria. “ Possiamo fare esperienza del
tempo ritrovato: quel tempo che concede un elogio della lentezza, il
piacere di assaporare le cose che si fanno, di farle con
consapevolezza. Ma persino senza consapevolezza, senza
intenzionalità. Quel tempo in cui hai bisogno di te “ si sta”
come dice Chandra Livia Candiani in una sua poesia, perché “hai
bisogno di te”.
(Marina
Piazza, in La vita lunga delle donne)
La
mia solitudine non è mai intessuta di vuoti, sento al telefono le
amiche, la nostra non è un’amicizia a intensità variabile.
Alcune
mi considerano “ sorella”, che privilegio! Sorellanza, un
suggestivo modo di pensare i rapporti tra donne ma non basta
l’appartenenza a un genere, le mie amiche sanno ascoltare le
ragioni dell’altra e far ascoltare le proprie. Non basta che
l’altra ci sia, prima ci devi essere tu.
Un
bellissimo detto africano dice: per fare un uomo ci vuole un
villaggio. Niente di più vero, abbiamo bisogno di radici, di
relazioni, di cultura, di narrazioni, di convinzioni.
A
cosa è servito mettere in ordine? A lavorare in profondità, a
incontrare me stessa, a sentire il tepore degli affetti, il desiderio
di stare insieme.
Tutte
le “ ragazze” sessanta/settantenni a dormire e io seduta nella
notte, con un vento leggero, le luci spente e stelle a non finire. In
quel momento ero “ dentro di me”.
(Marina
Piazza, L’età in più)
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