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IL
TEMPO CONSUMA LE ESISTENZE, ma a volte le restituisce… F.S.
a
cura di Maria Grazia Riveruzzi
Irène
Némirovsky
Se
mi abbia spinta a fare la conoscenza della Nemirovsky la visione del
film “Suite française“ o la lettura del suo omonimo romanzo, non
lo ricordo .
.Ricordo
solo lo stupore e l’ammirazione che provai nello scoprire una
scrittura così nitida, arguta e pungente, capace di
tratteggiare vizi e virtù degli esseri umani con pennellate di
ironia mordace e di denuncia moralistica. Fu facile per me
provare empatia con l’autrice e vivere l’angoscia e la
solitudine della sua infanzia priva di affetti. I temi costanti che
la ispirarono furono, oltre il rancore nei confronti della madre
anaffettiva il pessimismo nutrito nei confronti della società
borghese, della nobiltà decaduta dell’ambiente di affaristi e di
banchieri russi- ebrei., la delusione per la sua bella Francia
collusa e piegata al volere dell’invasore tedesco. ,
l’emarginazione e l’abbandono da parte degli amici francesi
durante la retata e la soluzione finale degli Ebrei ad opera del
governo Vichy. E non risparmia sarcasmo e schiettezza nei confronti
della provincia francese dei suoi abitanti vili e sonnolenti in Suite
française, definito il suo capolavoro. Irene sfoga la sua
delusione con una descrizione caricaturale ma realistica della
gente francese in fuga dalla capitale pe l’avanzata nazista .
ne tratteggia con pennellate impietose l’indole meschina e avida,
l’attaccamento ossessivo ai beni, l’opportunismo di alcuni, la
passività e la ristrettezza di visione in altri. L’esodo dei
parigini verso il sud della Francia fa parte della prima sezione del
suo libro venuto alla luce causalmente solo nel 2004 , molto tempo
dopo la sua morte avvenuta nel 1942 nel lager di Auschwitz ..
E’
veramente insolito che nella storia della letteratura una stessa
autrice o autore sia per ben due volte esaltato fino a
raggiungere la fama per poi cadere nell’oblio e che per la
seconda volta a più di sessanta anni di distanza. La scoperta
e il successo di Suite française, nel 2004 spingono letterati
e critici alla conoscenza completa delle sue opere e alla loro
ripubblicazione. Non mancano critiche negative ai suoi
scritti fino ad investire la sua stessa persona accusata di ambiguità
esistenziale , di opportunismo e di servirsi di
una scrittura troppo graffiante... (Lydia Morabia.)
Chi
era Irene Nemirovsky? Perché le sue opere e la sua stessa esistenza
caddero nella dimenticanza più assoluta?
Dobbiamo
riconoscere che la sua breve vita è stata caratterizzata da
scelte contraddittorie dettate da circostanze naturali,
storiche, sociali, da opportunismo letterario, da sentimenti
contrastanti. Le accuse mosse erano di essere stata :
Ebrea
– antisemita
Ebrea
– cattolica
Russa
– francese
Madre
- figlia
Famosa
– dimenticata .
Scrittrice
di feuilleton – autrice di romanzi di elevata qualità .
Dimenticata,
deceduta, premio Renaudot
Per
ricostruire l’identità e l’unicità della personalità di Irene,
donna forte e determinata in un corpo minuto, fragile ma grazioso,
bisogna contestualizzarla nel suo luogo di nascita , nel suo ambiente
familiare e sociale, nell’epoca in cui visse, del cosiddetto secolo
breve, tra le due guerre mondiali, nell’atmosfera artistica e
letteraria di allora .
Nata
a KIEV, in Ucraina , nel 1903 in una famiglia ebrea, durante l’impero
zarista ,riceve il nome di Irina, in casa Irotcka e Irma. Il
padre Leonid Nemirovsky, povero dalla nascita, da giovane
intraprendente fa strada e si arricchisce con traffici
non sempre leciti nel mondo della finanza, diventando un banchiere
facoltoso .
La
madre Anna Margoulis di Odessa nasce in una famiglia di agiati ebrei
; ha così l’opportunità di studiare e di ricevere una buona
educazione musicale e linguistica ( parlava correttamente il francese
). E’ una bella ragazza viziata e boriosa. Dedica la sua vita alla
cura ossessiva del suo corpo, del suo aspetto esteriore, ai piaceri
sessuali e alle feste mondane nei
quartieri
altolocati.
Lo
specchio è il suo assillo e la sua angoscia, pronto a rivelarle
l’incalzare del tempo e altrettanto insidiosa e ingombrante sarà
la presenza di sua figlia.
Irina
trascorre l’infanzia in un quartiere di ebrei abbienti
ma poco praticanti che godevano di molti privilegi economici ed
ha modo di osservarli dall’interno sì che la conoscenza si
farà rifiuto, ripugnanza , rigetto delle proprie origini e forse di
una parte di se stessa. La Némirovsky è ebrea perché nata in
un ambiente ebraico, è agnostica e il suo antisemitismo,evocato dai
critici nei romanzi “Suite française“ e in “David
Golder “ non è rivolto alla razza ma a quegli ambienti
ebraici-russi della finanza, corrotti, avidi e speculatori che
ebbe modo di conoscere nella casa di suo padre e che lei descriverà
con un realismo crudo e spietato.
Anche
il ritratto di famiglia non si sottrae alla sua vena satirica:
il padre tanto amato era spesso assente e di certo la madre non
c0mpensava tale privazione con cure affettuose e amorevoli.
Priva
di istinto materno, si rivolgeva alla figlia con toni astiosi, pronta
a umiliarla, punirla, allontanarla “perché d’impiccio” (Il
ballo). Pag.11-12. Affiderà l’educazione della sua
unica figlia alle istitutrici e cercherà di “nasconderla” agli
altri per non rivelare la “data di nascita“ ( imposizione di
abitini infantili ). Perciò l’infanzia di Irina sarà povera di
amore ma ricca di solitudine (Il vino della solitudine). Il
senso del vuoto e dell’abbandono sarà compensato dal fermo
proposito della bimba di “non piangersi addosso” (Il vino
della solitudine ) dall’amore protettivo di Zezelle (Helene
Carol) la sua fedele istitutrice e dalle assidue letture che la
seguiranno nelle diverse dimore dei paesi europei
dove sarà costretta a rifugiarsi a causa dei rigurgiti
antisemiti che pervasero la Russia nel 1914 . Dopo un periodo a
Mosca, nel corso del 1918 la fuga della famiglia Némirovsky si
prolungherà in Finlandia , in Svezia per approdare
nel’19 finalmente a Parigi, in Francia . Il cosmopolitismo forzato,
l’obbligo di sentirsi a casa ovunque, pur non avendo una casa
stabile è stata la sfida di Irene per aggrapparsi e fare
della Francia la sua patria , la madre adottiva e
amorevole , “ IL paese più bello del mondo”. Cambierà il nome
di Irina in Irene, rimuoverà le sue origini russe , cesserà
di essere un’esule tra gli immigrati e da allora si sentirà
cittadina e figlia della Francia , perchè“ IO parlo, penso e sogno
in francese”così riferiva in una intervista. Quando
Irina diciottenne approdò a Parigi erano gli anni ruggenti.
Usciti dalla guerra ’14-’18, i Parigini avevano voglia di
leggerezza, di atmosfere rarefatte e spensierate, di mondanità. E la
ragazza si tuffò in questo vortice di feste e di piaceri materiali.
Si respirava un’aria di libertà, anche sessuale, goduta
soprattutto da donne ricche o altolocate, conosciute e più
tardi schernite dalla Némirovsky perché lussuriose, fatue e
parassite.
Nel
1925 Irene incontra Mikhail Epstein, ingegnere
russo emigrato in Francia e nel’26 lo sposa. E’ un
matrimonio d’amore coronato dalla nascita di due figlie
(Denise e Elisabeth) che accudirà con dedizione, con
gioia e con amore.
La
Nemirovsky dal 1929 al 1936 scriverà cinque romanzi: iI ballo,
lLaffaire Curilof, Il vino della solitudine, Jezabel , alcuni
di questi saranno pubblicati postumi ad eccezione del
romanzo “David Golder” pubblicato nel 1929
che segnerà il suo successo e l’inizio di una eclatante
notorietà nel mondo letterario e presso il pubblico francese. Il
romanzo di notevole fattura stilistica è la descrizione mordace
dell’ambente di uomini d’affari, ebrei di origine russa ,
di donne cortigiane che Irene ha perfettamente conosciuto. Il Golder,
epitome dell’homo oeconomicus incapace di amore, di
amicizia, di lealtà, ma esperto in alleanza e contratti a
termine è la personificazione del capitalismo selvaggio che
assume le forme ora di cane ora di lupo .
Il
romanzo diventerà due anni dopo il primo film parlato di Julien
Dovivier e sarà proiettato nel 1931 agli Champs Elysées.
Successivamente sarà trattato come una pièce teatrale in Italia col
titolo “La beffa della vita“. Anche ”Il ballo” sarà adattato
per lo schermo con il titolo “Un carnet di ballo” e vincerà al
Festival di Venezia nel 1937 la coppa Mussolini come migliore film
straniero. (Il confine della salvezza di F. Soldà , pag
33) .
Da
attenta e sensibile osservatrice i temi che la ispirano in questa
prima fase della sua vita letteraria sono le vicissitudini e le
sofferenze che l’hanno segnata: il doloroso rapporto con la madre e
quindi la vacuità, l’incomprensione dei rapporti coniugali,
l’egoismo, l’inesistenza dell’affetto materno e il conseguente
desiderio di vendetta.
“IL
ballo” scritto
“con il fiele in bocca e inciso col bisturi” del 1928, esce
in stampa nel 1930 per l’editore Grasset e riscuote il parere
favorevole di Jean Cocteau. Pur nella sua brevità, il romanzo si
presenta per la sua perfezione una perla letteraria. E’ il
ritratto impietoso delle bassezze e delle ipocrisie
di una classe di parvenu, di ex-cortigiane, di ex magnaccia,
speculatori, trafficanti il cui ideale di vita è solo il
profitto, il lusso, il potere d’acquisto. . . A questa
società di arricchiti appartiene anche la famiglia Kamps che,
nella persona della Signora Rosine, organizza una festa
da ballo. E Antoinette, la figlia adolescente di quattordici
anni, medita la vendetta nei confronti di chi la umilia, la
rimprovera, le nega l’amore materno. Pag 11-12-13.
Di
certo Siamo di fronte alla resa dei conti tra le due rivali, madre e
figlia dietro cui non si cela il conflitto tra Irene e Fanny. La
penna graffiante della N. non risparmia quel mondo di ipocrisia, di
vanità, di ricchezze ostentate con volgarità che la circondano. E’
il dramma della sua vita che si esplicita nella scrittura
scarna ed essenziale , densa di ironia e tesa a ridicolizzare i
personaggi, donne o uomini che siano, passando
dall’immaginazione alla realtà. Pag. 61-62. Le ultime pagine
del libretto concludono il dramma genitoriale con una
apparente conciliazione tra madre/figlia , ma la figura
materna così fragile e umiliata viene guardata
dall’autrice/figlia con disincanto e senza ombra di pietà ,
diventa una figura patetica “destinata a sprofondare
nel baratro dell’oblio , mentre la figlia sta spiccando il
volo verso il futuro”. Pag. 82-83 .
Il
vino della solitudine è
il suo romanzo più autobiografico anche se le vicende e i sentimenti
e risentimenti della sua vita accendono costantemente la sua
vena ispiratrice “da
un’infanzia infelice non si guarisce mai….un’infanzia infelice
è come un’anima senza sepoltura : geme in eterno”. Sono
le sue parole durante un’intervista.
“Jézabel”.
Con questo romanzo la N. pone fine al processo contro la madre.” E’
la storia dell’orchessa che divora la propria figlia, come Genetrix
di Mauriac “ (O.Philipponnat )
Una
donna, una madre siede sul banco degli imputati, accusata e giudicata
per un crimine d’amore. Sacerdotessa del culto della propria
bellezza e della propria giovinezza non ha esitato
ad usare qualsiasi espediente pur di allontanare l’incubo degli
vecchiaia, pur di assaporare tutti i piaceri che la vita le poteva
offrire : l’amore degli uomini , le loro adulazioni, il
denaro, il potere del fascino muliebre, il sesso…La penna
dell’autrice traccia un ritratto spietato della donna , coacervo di
meschinità., egoismo, stupidità, vanità ,
anaffettività materna e infine di violenza. Pag. 62 -109 -110 -184
La
N. è una pioniera della rivoluzione femminista
emancipazionista che attraversò l’Europa negli anni ’60 e
’70 , a cui non ha potuto partecipare né vedere a causa della sua
morte precoce. Si serve della sua scrittura satirica, pregna di
ironia e scherno per colpire e demonizzare il destino femminile
votato ai ruoli di madre affettivamente apatica, di moglie adultera,
di amante, di mantenuta , di cortigiana capace solo di suscitare il
desiderio degli uomini e la loro adulazione . Donne narcisiste,
fatue, che hanno bisogno della protezione dell’uomo, donne che la
N. ha conosciuto e che disprezza con tutta se stessa. A questo misero
destino di dipendenza, la N. si ribella e contrappone il mestiere di
scrittrice, di sceneggiatrice, di donna che vuole imporsi
nell’ambiente letterario riservato agli uomini . Il senso sofferto
di estraneità, di” esule” itinerante di figlia rifiutata stimolò
la volontà di rivincita, il desiderio ardente di essere accettata
come parte integrante del mondo in cui viveva, della Francia tanto
amata , madre adottiva.
Nel
’35 ripresenta istanza di naturalizzazione francese per sé, per il
marito e per la figlia Denise ripetuta nel ’38 perché
precedentemente negata. Ma la Francia emanerà, nel
frattempo, una legge restrittiva nei confronti degli “stranieri
indesiderabili”. Inutili sono le rimostranze di Irene presso il
maresciallo Petain convinta di “essere degna di stima e
di aver fatto ogni sforzo per aver meritare l’ospitalità
della Francia “ .
La
Notte dei Cristalli nel novembre del’38 le toglierà ogni dubbio su
quale destino la Germania riservi agli Ebrei e la N. ne ha una
percezione così dolorosa da cercare conforto in
una religione materna e provvidente come la religione cattolica . Nel
‘39 tutta la famiglia riceverà il battesimo.
Preoccupata
per la loro sicurezza, nel ’40 trasferirà tutta la famiglia
a Issy-l’Eveque dove continuerà a scrivere romanzi che trattano
del tessuto familiare (alcuni pubblicati postumi) :
Come le mosche d’autunno, IL colore del sangue ( 2007 ), Il
falò dell’autunno ( 1957 ) e I doni della vita .
Ed
è ad Issy che Irene vive veramente la condizione di ”esule” ed
qui che elabora una grande opera sulla disfatta della Francia, a cui
si dedica con assiduità scrivendo su un grosso quaderno dalla
copertina di pelle Sarà ritrovato causalmente dalla figlia Denise
dopo sessant’anni dalla sua morte avvenuta ad Auschwitz il 17
agosto del 1942. Quel quaderno conteneva il suo capolavoro “Suite
Francaise” e molte annotazioni a margine. Nel momento storico che
sta vivendo in tutta la sua tragicità, ancora una volta l’autrice
vuole cogliere e focalizzare il destino di singole
individualità con un ritmo misti di ironia e di dramma, lasciando
sullo sfondo i grandi rivolgimenti storici e le masse come
comparse. L a scrittrice ebbe appena il tempo di scrivere le prime
due parti (Temporale e Pace ) a cui dovevano seguire
Prigionia , Battaglie e per ultimo Pace, ma non riuscì a terminare
l’ambiziosa opera; a soli 39 anni sarà “La
storia a sfilarle la penna dalla mano“ e a troncarle la vita.
Cosa
lascia Irene Némirovsky?
Un
gran rammarico: per lei essere umano stroncato a 39 anni da leggi
razziali abbiette; rammarico per una scrittrice che amava
intensamente la vita e voleva a tutti costi osservarla e descriverla;
rammarico per noi che abbiamo perduto quello che ancora ci avrebbe
potuto lasciare… ancora e ancora.
Soverato,
14 ottobre 2020
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