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“PIANGI
PURE”
di
Lidia Ravera, Bompiani, 2013
Recensione
a cura di Rosa Filia
“Piangi
pure” è un romanzo d’amore senza stereotipi,
capace di abbattere le barriere dell’età e della
malattia. All’inizio l’ho visto soltanto sotto questa
luce. Del resto era stata la curiosità di un amore in tarda
età ad avermi attratta, perché spesso mi sono chiesta
se esiste un’età per amare, e se la ruggine portata dai
compleanni mette un limite all’amore. Scritto con parole
precise e con descrizioni taglienti ma anche piene di sottile
ironia, è una storia d'amore, diversa, ma piena di speranza
per un'età che scorre sempre identica a se stessa. Ci ricorda
che l'amore è sempre lo strumento migliore per vivere la vita
completamente.
Il
romanzo si ferma sulla possibilità di un incontro decisivo in
ogni istante dell'esistenza. Una narrazione di grande tenerezza e
speranza. Man mano che mi inoltravo nella scrittura notavo il
disincanto, ma anche la malinconia e la delicatezza con cui Iris
accettava la propria condizione e la propria storia, con cui
sorrideva di sé e delle proprie debolezze, con cui voleva
vivere intensamente prima della fine.
”Io
ho da sempre questo sogno: una vita piena, aperta a tutte le
possibilità dei sentimenti e del caso”. Così
dice la Ravera.
Innamorata
senza paura. Coraggiosa, intraprendente; vive l’amore con
giovanile entusiasmo. La
critica ne parla come del suo miglior libro per una scrittura
convincente, coinvolgente e affascinante, per quel suo posare lo
sguardo su tre generazioni di donne e per la capacità di
delinearne caratteri diversi e mai pacificati.E’ una storia di
donne prive, a mio parere, di autonomia e coraggio:
Iris, Alice e Melina, accanto a queste Annalisa più che
compagna moglie sì giovane, ma ininfluente, con un matrimonio
sicuramente vuoto e di cui mi piace ricordare l’espressione di
Iris “un suppellettile”, e Debbie, la ragazza di Guido.
Il
rapporto di
Iris, piena di ricordi e sensi di colpa nei confronti di Alice, (pag.
316) è caratterizzato da continue incomprensioni, da momenti
di amore e di odio, da un continuo ricercarsi e negarsi; invececon la
nipote Melina, una bella trentenne catturata dalle passioni degli
uomini, a cui piace piacere agli uomini (pag. 32, pag. 148), che pure
la "nonna" sa comprendere, è un legame di
complicità, di comprensione e di perdono (pag.
240).
Tutte
e tre rivelano caratteri difficili e apparentemente normali e
semplici (pagg. 124-5), una storia famigliare che le tiene sino ad
oggi su binari paralleli. La
storia di Iris,
79 anni, madre, nonna sempre disponibile alla vita,
autoironica,senza mai piangersi addosso,si accompagna a quella di
Carlo,intelligente,brillante, uomo "terminale",
psicoterapeuta, amico, amante. Questa storia di Iris ci dice che né
l’età né la vecchiaia possono frapporsi alla vita
e ai sentimenti.Certamente Iris e Carlo non rappresentano tutti gli
uomini, ma sono un uomo e una donna, due persone speciali.
Iris
sta percorrendo l'ultima fase della vita, ma vuole a tutti i costi
che "la sua vita non finisca prima di finire" e
proprio per impedire questo si concede all’amore. "L'amore
come speranza necessaria", con i rischi che ogni scelta
comporta. Ad Annalisa che chiede il perché il marito si sia
attaccato tanto a lei ,Iris risponde con ironia: ”apparteniamo
alla stessa era geologica”. Piangi,
piangi pure, per il sollievo di essere e perché sei ancora
vivo: a questo allude il titolo del testo (pag 366).
Il suo tema è proprio il sentirsi vivi, con tutto ciò
che la vita ci offre, insieme alla voglia di arrendersi o non
arrendersi di chi è ormai alla fine della vita. Ama e non
aver paura delle emozioni, piangi pure se ti serve.
E’
difficile accettare ciò che si prova quando si crede non sia
più il caso. Ci vuole determinazione a ridare senso al
futuro, quando si pensa di non averne praticamente più .Iris
ci riesce con la sua sensibilità, la sua ironia, in una prosa
ricercata e piena di speranza. Questo è quindi un romanzo di
amore e speranza.
Incontra
Carlo Lamberti, lo psicanalista che ha lo studio al piano terra del
suo palazzo, tre anni di meno, malconcio e già segnato da una
malattia inesorabile, cui confida i propri problemi, le proprie
depressioni, tanto che questo le consiglia di scrivere un diario,
di confessarsi sulla pagina come a uno specchio.
E
“Piangi pure “è appunto questo diario, diviso in
tre parti: la conoscenza e il crescere del loro rapporto; il loro
incontro 'di cuore'; la gita in auto con Carlo ormai molto malato al
suo paese natale.
Un
racconto a volte impietoso, che non si tira indietro davanti a
nulla, compreso il degrado fisico, coperto dalla tenerezza, dalla
forza dei sentimenti veri, dalla delicatezza del narrare (e del
narrarsi della protagonista). Iris scrive quindi dietro suggerimento
di Carlo e i diari diventano il manifestarsi di emozioni vecchie e
nuove. L’amicizia con Carlo diventa amore. Sfidano le
convenzioni innamorandosi . Insieme affronteranno il pezzo di vita
che rimane loro, con ironia, accettando la fragilità umana e
scherzandoci sopra. ”L’amore maturo è meno
narcisistico. Non ami per irrobustire il tuo io. Ami perché
ami e basta, e ami in maniera oblativa: desideri il bene dell’altro”.
Questo dice in una intervista l’autrice. Il mio scetticismo si
evince proprio nel fatto che l’amore viene rappresentato
come quello degli adolescenti: egoistico, elitario. Carlo vivrà
un po’ di sano egoismo: “Che altri spalmano per tutta la
vita e io in questi ultimi giorni; con la coscienza a posto nel
lasciare Annalisa benestante, e a 45 anni con una vita davanti”.Si
rifiuta la generica categoria di “vecchiaia”, non ci sono
vecchi/e e si accetta l’innamoramento come dono. Ci si può
salvare dalla vecchiaia (pag. 308) non dal tempo che passa, a patto
di essere forti ed assumersi le proprie responsabilità. Il
tema vero è quello del tempo, del suo passare, del fare i
conti con le varie età della vita, accettare la vita per
quello che
è. ”Un romanzo,
dice la Ravera, nasce dal bisogno di spartire col resto del mondo
qualcosa che ti è intollerabile. Questa urgenza per me è
sempre stata l’implacabile trascorrere del tempo. Il romanzo,
aggiunge ancora, è un grande contenitore, in cui entra tutto.
E tutto diventa utile, la vita perde il senso di inutilità,
noia disperazione di cui sono piene le giornate”.
Dal
momento in cui Iris ha venduto la nuda proprietà l’accompagna
l’idea della morte. La consapevolezza della morte si accompagna
alla disponibilità a vivere i sentimenti e affidarsi al
caso, fino alla fine senza risparmiarsi.
Lo stile è quello dell’autobiografia,la trama così
introspettiva svela i personaggi rendendoli reali. Tutto ciò
che è scritto diventa vero, anche se non è reale.
Grande è la tensione narrativa. Iris è ben decisa ad
inseguire la passione e tutte le sue complicazioni. E’ troppo
inquieta per l’età che vive, non riesce a far pace con
se stessa, presa dai sensi di colpa per sua figlia.
Soverato,
14 aprile 2014
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