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La donna che canta

(Incendies)

A cura di Paola Nucciarelli

 

 

GENERE: Drammatico

REGIA: Denis Villeneuve

SOGGETTO:Wajdi Mouawad

SCENEGGIATURA: Valérie Beaugrand-Champagne

Denis Villeneuve

SCENOGRAFIA: André-Line Beauparlant,

Rana Abboot, Marie-Soleil Dénommé,

Amin Charif El Masri, Philippe Lord

  Fenton Williams

ATTORI: Lubna Azabal,

 Melissa Desormeaux-Polin,

Maxim Gaudette,

Remy Girard,

 Abdelghafour Elaaziz

FOTOGRAFIA: Andre’Turpin

MONTAGGIO: Monique Dartonne

MUSICHE: Grégoire Hetzel

DISTRIBUZIONE:Lucky Red

PAESE:Canada

DURATA:130’

FORMATO:Colore

TRAMA

Quando il notaio Lebel legge a Jeanne e Simon Marwan il testamento della loro madre Nawal, i gemelli restano scioccati nel vedersi porgere due buste, una destinata a un padre che credevano morto e l'altra a un fratello di cui ignoravano l'esistenza. Jeanne decide di partire subito per il Medio Oriente per riesumare il passato di questa famiglia di cui non sa quasi nulla. Simon, per quanto lo riguarda, non ha bisogno dei capricci postumi di quella madre che è sempre stata lontana e avara di affetto, ma il suo amore per la sorella lo spingerà presto a unirsi a Jeanne per setacciare insieme la terra dei loro antenati sulle tracce di una Nawal ben lontana dalla madre che conoscevano. Sostenuti dal notaio Lebel, i gemelli risalgono il filo della storia di colei che ha dato loro la vita, scoprendo un destino tragico marchiato a fuoco dalla guerra e dall'odio e il coraggio di una donna eccezionale.

REGISTA

 Denis Villeneuve realizza nel 1994 il suo primo cortometraggio, REW-FFWD, girato in Giamaica, su commissione per l'Agence canadienne de développement international. Due anni dopo partecipa al film collettivo Cosmos, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 1997. Esordisce alla regia di un lungometraggio nel 1998 con Un 32 août sur terre, presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, che riceve sette candidature ai Premi Jutra, comprese quelle per il miglior film e il miglior regista, e viene scelto come rappresentante del Canada per l'Oscar al miglior film straniero.

Con la sua opera seconda, Maelström (2000), raccoglie premi in molti festival internazionali, tra cui il Premio FIPRESCI per la sezione Panorama al Festival di Berlino e il premio per il miglior film canadese al Montreal World Film Festival, e raggiunge la consacrazione in patria, trionfando sia ai Premi Génie (5 premi su 10 candidature) che ai Premi Jutra (8 premi su 8 candidature), vincendo in entrambi i premi per film, regia e sceneggiatura, e rappresentando nuovamente il Canada agli Oscar.

Anche quando si cimenta con la forma breve, con Next Floor (2008), ottiene numerosi riconoscimenti,[3] come il Premio Canal+ al Festival di Cannes 2008, vincendo sia il Génie che il Jutra anche in questa categoria.

Con Polytechnique (2009), presentato nella Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2009, affronta per la prima volta la delicata rappresentazione di un caso di cronaca nera, conquistando ben 9 Premi Génie, mentre con il successivo La donna che canta (Incendies) (2010), presentato nelle Giornate degli Autori alla Mostra del cinema di Venezia, si affida per la prima volta ad un testo preesistente, adattando per il cinema l'opera teatrale di Wajdi Mouawad.

RECENSIONE

Il regista Denis Villeneuve scrive e dirige la pellicola canadese La donna che canta, che racconta la storia del viaggio i tra odi radicati, una guerra senza fine e un amore duraturo.

Il film, ispirato alla vita di Souha Béchara, ha vinto il premio come Miglior film canadese alla XXXV edizione del Toronto Film Festival, il premio del pubblico alla XXV edizione del Festival Internazionale dei film francofoni a Namur, è stato candidato all'Oscar al miglior film straniero, ha ricevuto la 
  Nomination Miglior film straniero
National Board of Review of Motion Pictures Awards (2010), ha avuto la nomination come miglior film straniero ai Cesar 2012, al David di Donatello e ha vinto il I premio NBR 2010 e il I premio Movieplayer.it 2012.

 

 La donna che canta è un film costruito come una formula e la prima inquadratura è la sua equazione: la prima immagine mostra infatti una finestra  affacciata su una palma e un terreno sassoso, arido,  passando poi  lentamente  verso l'interno di  una  stanza dove un ragazzino rasato da miliziani palestinesi guarda verso di noi. Dentro quello sguardo in macchina pieno di rabbia e sofferenza prende l'avvio e la soluzione dell'intricata epopea dei due gemelli alla ricerca della verità sulle loro radici. Le indagini scorrono parallele al percorso travagliato che porta la madre cristiana a diventare una dissidente politica, subire reiterate violenze e poi fuggire in Quebec. Villeneuve mette in scena due personaggi dall'identica incognita (l'enigma sui parenti dei due gemelli) e ne segue, passaggio dopo passaggio, la soluzione del problema e la rivelazione dell'enigma.

I simboli cristiani sono ricorrenti: la croce portata al collo dalla madre messa e tolta secondo opportunità in un mondo che utilizza la religione come divisione fra la gente,  poi la croce portata dalla figlia come memoria, il crocifisso alle pareti, l’immagine della madonna sulle mitragliatrici come benedizione e alibi alla violenza.

Da un punto di vista simbolico, l’acqua simbolo della vita e della maternità è messa in contrapposizione alla vista ricorrente del  territorio arido mediorientale  che ci riporta all’aridità affettiva della madre Nawal.

L’’acqua della piscina puà essere interpretata come apnea quando non si conosce, morte dell’anima quando si comprende, confusione quando è  piena di gente, dolore dell’abbandono quando è vuota, rinascita quando Jeanne e Simon, i gemelli, arrivano alla soluzione dell’enigma.

Quello che ci resterà sarà la forza di un volto e di una voce, nonostante i soprusi e le violenze, ad innalzare un incredibile inno laico di lancinante intensità e a fermare una spirale d’odio inarrestabile dando la vita. I caratteri della tragedia greca sono attualizzati in storia vera, intensa e dolorosa.

E a dare ancor più consistenza all’intero lavoro vogliamo anche segnalare l’intensa e partecipata interpretazione dell’attrice belga Lubna Azabal. La  bella colonna sonora è coinvolgente.

 
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