NARRARE DI SE’/ NARRARE IL MONDO
Seminari
sulla politica della
differenza
28 novembre 2012
1° incontro
in biblioteca
La Giudice
Una donna in magistratura
di
Paola Di Nicola
a cura di Lilly Rosso
Quando
abbiamo costituito la Biblioteca delle
donne, cercando momenti separati di
socialità femminile, non era tanto in gioco
questa o quella realizzazione ma un bisogno,
un desiderio di padronanza della parola.
Mi ha sempre
affascinato l’idea che le parole nascondano
in sé un potere diverso e superiore a quello
di comunicare, di trasmettere messaggi, di
raccontare storie… L’idea, cioè, che abbiano
il potere di produrre trasformazioni, che
possano essere letteralmente lo strumento
per cambiare il mondo.
La parola,
dunque, per dare forma all’esperienza
raccontandola ma anche per definire il mondo
in termini nuovi.
Chiunque
intenda riflettere sul potere della parola
non può non richiamarsi all’incipit del
Vangelo di Giovanni: In principio era il
Verbo, il Logos.
Aprì così nel
1991 Nadine Gordimer il discorso (“Scrivere
ed essere”) di accettazione del premio Nobel
“Nel principio era la Parola. La Parola era
presso Dio, significava la parola di Dio, la
Parola che era Creazione. Ma nel corso di
secoli di cultura umana, la parola ha
acquisito altri significati, tanto secolari
che religiosi. Avere la parola è divenuto
sinonimo di autorità suprema……Ma la sua
trasformazione più significativa per me e
per quelli come me, è accaduta molto tempo
fa quando venne incisa per la prima volta su
una tavoletta di pietra o tracciata su un
papiro…. e viaggiò attraverso il tempo dalla
pergamena a Gutemberg. Perché è questa la
genesi dello scrittore, o della scrittrice,
è la storia che lo ha scritto, facendolo
essere. Essere qui”
Parola, Logos
che si connette al verbo lego anche come
scelta.
Scegliere le
parole e scrivere diventa per Paola Di
Nicola un gesto politico dirompente perché
“scrivere è esplorazione di sé e del mondo,
dell’essere individuale e dell’essere
collettivo”(N.Gordimer)
Scegliere le
parole e dire implica il passaggio da ciò
che è indistinto a qualcosa cui possiamo
dare il nome.
Quale lessico
utilizza professionalmente Paola Di Nicola?
Il linguaggio
dei giuristi è una lingua sacerdotale
piuttosto che tecnica. (Celebrare anche per
l’udienza) “Era in quella sorta di
confessionale laico che dovevo aspettare “il
mio detenuto”(Pag.16). Nell’antico diritto
romano, del resto, la sfera del diritto e
quella del sacro si sovrapponevano: il
pontefice romano era a un tempo giurista e
sacerdote. Forse per rivendicare la nobiltà
della professione, si deve usare un
linguaggio diverso da quello della vita
comune?
Negli Stati
Uniti sul modello di un piccolo fondamentale
libro“ The Elements of Style” ristampato
continuamente dagli anni trenta ad oggi è
stato pubblicato nel 1991 “The Elements of
Legal Style”.
Nulla è
irrilevante con le parole. Si legge nella
prefazione: “Noi giuristi possediamo solo le
parole. Noi non possiamo prescrivere
medicine ai nostri pazienti. In un processo,
nella stesura di una lettera, nella
redazione di un contratto, le parole sono il
nostro unico strumento di lavoro. Le parole
dei giuristi più di altre non si limitano a
descrivere fatti e comportamenti: li
provocano esse stesse”. (da La manomissione
delle parole di Gianrico Carofiglio)
(pag.122)“Il
lessico del diritto penale mi ricorda
quotidianamente le radici del nostro essere.
Mondo estraneo, quasi nemico. Nel codice
penale la donna è solo la sua sessualità. La
donna come persona sparisce, l’uomo no(
reato l’omicidio, anticamente parricidio,
uccisione di un uomo libero) ( pag.126)
Mai discusso
il progetto di legge per sostituire la
parola uomo con persona a proposito
dell’omicidio.(pag 127)
(pag.128)
L’uomo è una categoria onnicomprensiva,
l’essere donna è “un elemento indifferente”,
al più un corpo che riproduce esseri umani……
La donna come
Antigone viene scacciata dalla polis”( pag.
127)
“Anonimi e
senza differenza come la toga nera”(pag.40)
“Non nascondo
un moto di indignazione e rabbia nel dover
interpretare, nella mia funzione di giudice,
le parole maschili come comprensive anche
del femminile, con preclusione assoluta
dell’inverso. La lingua come il diritto non
è mai neutra perché racconta la storia della
nostra identità e di come vediamo il mondo”
Come dicono i
miei figli e i miei nipoti….quando giocano
insieme a nascondino: “Chi c’è c’è, chi non
c’è non c’è”(pag.130)
Perché l’esclusione?
Nella
biblioteca della Cassazione Paola ritrova i
lavori dell’assemblea Costituente,dove
affondano le nostre radici. “Le donne
restavano escluse perchè isteriche e
passionali. Ma potevano accontentarsi:
restavano gentili e belle”
In questo
libro la storia di una donna si intreccia
straordinariamente con la politica delle
donne che non teme i vuoti, anzi li
attraversa e fa della mancanza una risorsa.
Da qui inizia
il Seminario di politica di genere e io,
traendo spunto dall’opera di esordio della
giudice Paola Di Nicola, proverò a
delinearne i tratti fondamentali.
Comincerò con il chiedermi: quali pratiche
costituiscono la politica delle donne?
Al primo posto c’è la pratica del partire da
sé,quindi
la parola ha il ruolo di protagonista non
per assolutizzare un’esperienza ma per
mediare tra la soggettività e il contesto,
cioè tra sé e l’altro o l’altra da sé.(Lia
Cigarini) “Ancora un entrare e un uscire da
sé” (pag.122)
La parola, in
effetti, è la base di quel movimento fra
dentro e fuori, fra interiorità e mondanità
che è il movimento fondamentale della
politica delle donne.
Anche P. Di
Nicola parte da sé, dalle proprie
contraddizioni, non per restare a sé ma per
entrare nel vivo dello scambio sociale. La
pratica del partire da sé non insegna
l’immediatezza ma al contrario la relazione
fra sé e sé e fra sé e la realtà.
Alle donne
non sono stati dati mai il tempo e l’agio
necessari a costruire liberamente
l’opportunità che è nascere donna, a
costruire un mondo a partire dal proprio
modo di intendere la realtà.
A volte è
stato necessario anche essere meno donna
possibile per poter accedere all’assoluto
maschile.
“ Per
diventare magistrato dovevo diventare un
uomo con il corpo di una donna”
Richiama
anche la descrizione di Gabriella Luccioli,
sull’auto-imposizione cui erano tenute le
colleghe.( pag.115)
“ Avrei
desiderato avere un completo scuro con
cravatta intonata e sobria, possibilmente
una barba grigia ben curata a incorniciare
un viso serio e impenetrabile”(pag.15)
Ma quando non
si sta nel già dato della normalità
patriarcale, lì si traduce quella
femminilità che si fa spazio femminile e
diventa uno spazio politico.
“L’orgoglio e
il coraggio di essere una donna alla fine
avevano preso il sopravvento.
( pag.17)
Senza
creatività non c’è la politica delle donne,
al più c’è la politica fatta da donne.
In politica si gestisce potere, in queste
relazioni invece è centrale la soggettività.
La politica delle donne domanda due cose
importanti:
1)affermare i propri desideri assieme alle
proprie simili.
“Le altre non
fanno rete”( richiesta di trasferimento
2006) (Pag.104 e segg)
“Ancora una
volta il nostro nemico era il
silenzio”(pag.109)
Nel CSM
siedono più donne per la prima volta ma non
fanno sentire la loro voce. Il suo ricorso è
accolto dal Tar del Lazio.” Il CSM aveva
perso, ma non ero felice di questo, per me
era comunque una sconfitta perché dentro
l’organo del governo autonomo dei magistrati
nessuno era stato in grado di ascoltare la
voce dei diritti. Uomini e donne erano stati
identici senza cultura istituzionale”
“ Mia figlia
aveva imparato presto cosa vuol dire
differenza di genere nel bene e nel
male.”(pag.112)
Resta in lei
la consapevolezza di non aver consentito a
nessuno il furto di una parte della sua
vita.(pag.113)
2) non confinarsi e non farsi confinare
“ Quel
carcere con tutte le sue chiavi mi aveva
chiusa dentro me stessa”
L’asfissiante luogo chiuso, senza divenire,
la mancanza di relazioni, enfatizzano il
tempo immobile, accentuano una condizione di
isolamento rappresentata, materialmente e
simbolicamente dalle porte che si chiudono
in un presente atemporale che rischia di
legittimare solo il silenzio.
Porte chiuse
e corridoi sbarrati = riduzione di sé.
“
(Gennaro)Continuava a restare imprigionato,
non tra le mura del carcere, ma nelle maglie
della banalizzazione, riduzione,
semplificazione di me come donna, rinchiusa
nel suo atavico ed esclusivo ruolo
domestico…” (pag.26)
Il mistero
dell’essere donna, riconosciuta come “
differente” è un vuoto che agli occhi di
Gennaro rischia di essere saturato da
concetti come “ buon senso e
responsabilità”.
Nell’interrogatorio però Paola non nasconde
più il suo essere donna, come se fosse una
vergogna “La mia voce, adesso, seria, ma
pacata e sicura, era tornata a essere quella
mia, orfana di modelli e per questo vera….”
La riduzione
di sé è invece il buio che nasconde la
madre. “ lei non aveva potuto decidere. Io
intanto davanti a Gennaro decidevo per me e
lui.
Mia madre
“che come le mie zie aveva provato come la
femminilità fosse una malattia da nascondere
per essere libera, aveva capito prima e
meglio di qualsiasi filosofa della
differenza di genere che sua figlia avrebbe
dovuto mostrare la femminilità proprio là
dove veniva istituzionalmente negata, per
riscattarla e riscattarsi ”.
La pettina
che prepara per la figlia va vista come
affermazione di sé. La toga invece traveste
e nasconde( la sua storia quotidiana), non
riconosce la differenza tra uomo e donna.
Nella
relazione con la madre è centrale la
soggettività. C’è il recupero di una diversa
immagine del sé valorizzato attraverso lo
scambio e il confronto.
E’ qui la
ferita di cui parla la Mazzucco nella
prefazione, è il taglio rispetto all’ordine
simbolico dato e alla posizione cui in esso
le donne sono assegnate.
Quel taglio
fa la differenza che non è una definizione
del femminile, ma un’operazione di
spostamento nel linguaggio e nei
comportamenti da quella posizione. Uno
spostamento che nel pensiero delle donne ha
dato valore nuovo alla diade
singolare/plurale, individuale/collettivo.
( Leggere pag 18)
“Potevo
in quel momento solo perdere il nostro
duello e far perdere l’universo femminile,
oltre che l’istituzione che rappresentavo
…..”(pag.19)
Nel suo mondo
professionale ”Il neutro senza corpo è un
punto di vista che prende il sopravvento. La
neutralità non è la terzietà o
l’imparzialità, è una finzione. Bisogna far
vivere la dimensione umana sotto la toga. Il
neutro senza corpo non è una garanzia, è un
pericolo. E’ la materia corporea a
compenetrare la penna di chi scrive…..(Leggere
a pag.145la nota su Adriana Cavarero)
Contesto e
denuncio i numeri circa l’invisibilità delle
donne giovani nei luoghi decisionali e poi
sono la prima a sottrarmi” (pag.100)
Sentivo di
cadere in un pozzo, il pozzo delle donne: il
segno della fatica del quotidiano, il motivo
della nostra assenza dalla scena pubblica,
l’inadeguatezza apparente……. E’ un percorso
che scava e fa male ma unico e ricco” (
pag.479 “ a questo serviva il pozzo…..(pag.
54)
La
politica delle donne può fare a meno del
radicamento nel genere?
Paola Di
Nicola scrive:“L’articolo che precede
giudice è un articolo femminile come le mie
piccole donne con i tacchi sbilenchi. “Se
firmo il giudice prendo consapevolmente un
genere che non è il mio”
E’ vero, non
si può fare a meno del radicamento nel
genere ma la politica della differenza si
stacca dal genere perché si contrappone alla
logica dell’identità e dell’identificazione
reciproca(proprie del genere) e perché
consiste nel far guadagnare alla donna il
posto di soggetto nell’ordine simbolico. Ciò
presuppone la forma della relazione e lo
scambio avviene dentro la relazione a
partire dalla relazione prima con la madre.
La forma
della relazione taglia l’ordine simbolico
patriarcale. La pratica della relazione è il
simbolico femminile.
(pag.122)
Ancora un modello di donna protagonista con
la toga indosso e quella di donna vittima
con gli abiti strappati.
1° Processo
per stupro 1978 a Latina
2008 Processo
di Latina. avevamo ascoltato. Ritrova il
senso dell’udito. “Due aule identiche e due
mondi…(pag.67) Leggere pag 64-65
Ottobre 2011
Assemblea dell’Ass. Naz. Mag. – quote da
garantire negli organismi direttivi, dal 50%
si scende al 30. Leggere pag.70-72
“Sulla
presenza femminile e sull’ostinata volontà
di non cedere neanche un brandello di
potere,il mondo maschile, come per incanto,
più o meno consapevolmente, si compatta e si
ritrova. A qualsiasi latitudine
generazionale”(pag.80)
Nei processi
c’è il silenzio delle donne.
2011 in
Svizzera principio di garanzia per la
vittima di reato sessuale: l’autorità
giudicante sia composta di almeno una
persona del suo stesso sesso( Alba De
Cespedes “ Dalla parte di lei”)(pag.77- 80)
Oggi ci sono
uomini protagonisti di un mutamento
culturale straordinario. C’è una diversità :
le donne sono escluse dal tavolo dell’Aula
magna della Cassazione. La lettura della
realtà è più completa se c’è il confronto
tra magistrati e magistrate.
E noi chi siamo? Come può parlare e decidere
chi si trova a incarnare un confine
negativo?
Si pone per Paola Di Nicola una questione
prioritaria
La questione
prioritaria è trovare un senso al proprio
essere donna, cioè chiedersi chi siamo e che
cosa vogliamo. Questa è la rottura con la
precedente politica dell’assimilazione al
mondo maschile.
Questa è
ricerca di libertà femminile.
Cos’è la libertà femminile?
“La libertà
femminile è l’acquisizione di una dimora nel
mondo, di un posto riconosciuto. Ciò
corrisponde ad acquisizione di
soggettività ed identità” ( Vittoria Franco
“ Care Ragazze – Un promemoria)
Si tratta di
praticare la differenza
Cosa si intende per pratica della
differenza?
Per alcune la
differenza sta nel sottolineare che le donne
sono una cosa diversa dagli uomini( più
critiche, meno violente), che si
differenziano cioè per contenuti dagli
uomini che restano sempre il punto di
riferimento. Assimilarsi con l’emancipazione
o differenziarsi dagli uomini sono la
medesima operazione, non c’è libera
interpretazione di sé. Questa è la
concezione della differenza dell’ordine
delle cose.
Altre
ritengono che la differenza consista
nell’inventarsi il femminile attraverso
ricerche e pensamenti. Questa idea della
differenza è dell’ordine del pensiero
Cos’è allora la differenza?
E’ il senso,
il significato che si dà al proprio essere
donna. Ed è quindi dell’ordine simbolico.
Differenza
sessuale non significa diversità di genere,
non è uno svantaggio da colmare perché le
donne diventino come gli uomini, non è un
contenuto della politica di parità.
Differenza sessuale significa asimmetria
femminile nell’ordine simbolico maschile.
La via per la
libertà femminile è la relazione tra donne,
la sostanza della politica della differenza
è la mediazione femminile, cioè mettersi in
relazione con l’altra per realizzare il
proprio desiderio nel mondo, potenziarlo e
modificare l’esistente.
La libertà
femminile apre il luogo del sopra la legge,
il luogo dell’esistenza simbolica, il luogo
dell’autorità che io riconosco alle altre e
mi riconosco. “I miei modelli erano stati
gli uomini”(pag. 43) “ma una donna c’era
stata sullo sfondo” (pag.21-22)
Il concetto
del sopra la legge si colloca in posizione
critica rispetto alle leggi, è coerente con
la politica della differenza nel suo
insieme, specie per quel che riguarda
l’opposizione alla politica di parità. (
pag. 155-159)
La madre
simbolica fonda la genealogia femminile ma
non si incarna in una donna(pag.54)
“La madre
simbolica non istituisce maternale fusionale,
piuttosto autorizzazione ad andare libere
nel mondo e più che corpo significa
linguaggio. Essa è infatti figura della
prima relazione dispari di scambio, quella
in cui si impara a parlare”.(L.Cigarini)
Consideriamo
l’enormità della sfida. Fino ieri ci
mancavano le parole per formularla. Oggi l’
impresa della propria vita può dirsi con
parole altre, di significato compiuto.
Forse per
capire chi siamo abbiamo bisogno
dell’efficacia mediatrice della differenza
femminile che ci consente di stare al mondo
con corpo di donna, utilizzando la modalità
prima dello scambio : la parola. “ Vorrei
percorrere queste strade,cercare un nuovo
linguaggio, ma lo posso fare – perché abbia
un senso e non appaia una mia eccentricità –
solo con la consapevolezza degli altri e
delle altre.(pag. 159)
“Vivere
furtivamente una vita non nostra, simulata e
nascosta, prigioniere “di dolenti pensieri,
a capo chino per la vergogna, con gli occhi
pieni di lacrime”, è una millenaria storia
che pesa infinitamente, di cui non è facile
e rapido disfarci. E lo dobbiamo
sapere,senza voltarci dall’altro lato per
non vedere quello che non ci è piaciuto e,
ancora oggi, non ci piace di noi stesse”(
pag 116-117)
“Il
tempo passato e presente era una collana di
perle legata dalla stessa amarezza di dover
combattere e ancora combattere, ma anche
dalla stessa voglia di andare avanti e non
arrendersi” (pag.67) |