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Il Risorgimento invisibile
Il
Risorgimento invisibile
Introduzione
della Presidente
Oggi
proviamo a far scendere la storia che ha portato all’Unità
dal piedistallo delle celebrazioni per capire che dietro la necessità
di una lettura della storia al femminile non c’è
un’istanza intellettuale ma la necessità di scoprire
corpi, voci e donne desiderose o bisognose di camminare nella
libertà.
L’esclusione
non ci restituisce la realtà del mondo perciò, se la
storia ufficiale rammenta spesso solo l’epopea dei vincitori,
noi con il nostro “controcanto” ripeschiamo dal cono
d’ombra in cui sono state finora relegate quelle esistenze che
devono rientrare in una storia che ci appartiene.
Ascoltare
le loro vicende e lasciarsi interrogare da queste ci aiuterà
ad abbandonare alcuni luoghi comuni propri della storiografia
postrisorgimentale.
Se
è vero che con l’Unità l’Italia è
potuta diventare un grande Paese, è giusto ricordare anche la
partecipazione intensa, corale, sofferta di tante donne del
Risorgimento. In un secolo, l’800, di grandi cambiamenti,
certo, ma nel quale alla donna era concesso ancora molto poco sul
piano sociale e politico.
Troveremo
delle protagoniste spesso invisibili, cui la Storia ha riservato
poche pagine ufficiali: figure straordinarie che hanno saputo
trasformare il loro quotidiano in lotta, mettendo in pericolo le loro
esistenze, i loro affetti per un futuro che non poteva offrire
certezze. Figure che rappresentano aspetti diversi delle lotte per
l’Unità d’Italia: le prime giardiniere timide
interpreti di un cambiamento che non riesce ancora a strutturarsi.
Accanto a loro le eroine, donne del popolo, spesso umili e ricche
solo di figli e di miseria che, nate per essere semplicemente figlie,
mogli e madri, presero le armi e scesero in piazza per combattere.
Come le brigante che, sebbene dall’altra parte, vestirono da
uomo, eressero barricate,organizzarono imboscate.
Donne
in prima linea al nord come al sud che superarono anche le barriere e
le divisioni di secoli di storia in un ideale ancora confuso ma che
con il tempo divenne più saldo e sicuro.
In
questo contesto matura il dramma della briganta che è dramma
della rottura dell’equilibrio familiare, dramma di madri senza
più figli, di ragazze orfane dei genitori, di vedove: è
dramma di donne disperate che ribaltando uno stereotipo di
rassegnazione e sudditanza, si dimostrano capaci di affiancare con
coraggio i propri uomini e partecipare alla rivolta contadina. Alcune
rimasero schiacciate dal loro destino, altre hanno divorato la vita,
dimostrando un’intraprendenza da guerriere. “Dimenticate
o ridotte alla stregua di sbandate immorali e sanguinarie. Più
criminali che patriote? E’ sempre molto complicato giudicare le
intenzioni, i se e i ma della vita. Tanto più lo è
interpretare l’animo umano. A volte patriote, spesso criminali,
quasi sempre innamorate”.
La
nostra ospite ci aiuterà guardare al di là del mito o
del modello da sfruttare nel bene o nel male. Come avrete capito, non
ho accanto a me una storica, so per certo però che siamo in
buone mani perché la dott.ssa Impellizzieri è persona
sensibile, intelligente, colta, appassionata di studi e di ricerca
non solo medica. La sua professione le ha consentito di avere un
osservatorio privilegiato sull’umanità; immagino quasi
che custodisca nel forziere dell’esperienza storie di
sofferenze, di speranza, in breve, di vita. Non si ferma alle
apparenze, quindi saprà rintracciare la verità senza
timore che questa possa macchiare l’orgoglio della nascita di
una nazione. Ci racconterà quel Risorgimento che merita di
essere ricostruito senza dover scegliere da che parte stare. Le
vicende che ci presenterà, lei stessa le ha definite “
storie di latte e di sangue” e probabilmente ci racconteranno
il materno e il caos, l’amore e l’odio, la passione e la
vendetta, il nutrimento origine della vita e la morte che è la
sua negazione. Ci aiuterai, cara amica, a capire che una donna
meridionale dell’800 diventa una combattente pronta a tutto se
le si impedisce di vivere, amare accudire, se le si nega la
possibilità di essere donna, se i figli vengono strappati al
seno della madre, se le si tocca il proprio uomo. Ubbidirono certo
all’istinto, a leggi ataviche e naturali più che alla
consapevolezza di farsi paladine dell’autodeterminazione
femminile ma, in ogni caso, condivisero con le donne che vissero il
Risorgimento dall’altra parte la volontà di scegliere in
un’epoca e in un’Italia in cui le donne al Nord come al
Sud avrebbero dovuto aspettare a lungo un “ Risorgimento
femminile”
Lilly
Rosso
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