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Ninna nanna



Autrice: Leila Slimani

Editore: Rizzoli

Anno: 2017

Pagine: 204

a cura di Alessandra Merola

Il premio letterario francese più prestigioso, il premio Goncourt, istituito nel 1903, che in 114 anni di vita ha insignito solo sette donne, ha premiato nel 2016 il secondo romanzo di Leila Slimani, “Chanson douce” (Gallimard 2016). Il libro è appena stato pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo  “Ninna nanna”.

Leila Slimani è nata a Rabat nel 1981 da una famiglia agiata, la madre, medico, è franco-algerina, il padre, marocchino, un banchiere; ha studiato al Liceo francese di Rabat, la scuola delle élites marocchine ed europee. Nel 1999 si è trasferita a Parigi per continuare gli studi ed ha iniziato a lavorare come giornalista, dal 2008, alla rivista Jeune Afrique, un settimanale di attualità pubblicato a Parigi dal 1960, che tratta temi di economia e cultura dell’Africa . Parla arabo, ma scrive in francese. Ha scritto in Italia per ‘La Lettura’, il supplemento letterario del Corriere della sera.

Chanson douce” è ispirato ad una storia vera accaduta nel 2012, quella di una bambinaia dominicana accusata di aver assassinato i bambini che le erano stati affidati dai genitori, una coppia di New York, ma la scrittrice ha solo preso spunto dalla vicenda di cronaca per ricostruire le circostanze che hanno condotto al dramma finale e per indagare sul complesso tema della maternità.

Trama: I coniugi Massè, Paul, tecnico del suono, e Myriam, giovane madre che dopo la laurea in giurisprudenza aspira a diventare un’avvocatessa, hanno necessità di assumere una tata che si prenda cura dei loro bambini, la piccola e capricciosa Mila e il maschietto Adam, visto che la mamma intende riprendere il lavoro. Selezionano dunque con grande scrupolo e serietà varie candidate, sino ad assumere Louise, che appare sin dall’inizio la persona ideale per svolgere questo incarico: pulita e precisa, affettuosa e dolce, armata di una pazienza e di un’amorevolezza apparentemente senza fine, non troppo giovane, ma neppure eccessivamente matura, e, dulcis in fundo, di nazionalità francese. La donna non ha figli, né un marito, quindi appare disponibile ad assumersi pienamente le responsabilità legate ad un compito così delicato; nel periodo successivo il menage familiare sembra scorrere in modo piano e pacifico: i bambini vengono assistiti in modo impeccabile, addirittura assumono comportamenti via via sempre più corretti e disciplinati, ma danno anche segno di una assoluta serenità. Louise è perfetta, si occupa con diligenza anche del piccolo e disordinato appartamento della coppia, che appartiene alla classe agiata, ma non può permettersi un’abitazione più ampia, e riporta la pace, il buonumore e l’energia giusta per affrontare i piccoli e grandi problemi della vita quotidiana. Si rivela anche un’ottima cuoca e i suoi deliziosi manicaretti allietano le numerose cene che i Massè cominciano ad organizzare, anche per effetto della rinnovata vita sociale che, ora, per la presenza della preziosa tata, riescono di nuovo ad imbastire.

In questa esistenza costruita con il sacrificio e lo zelo nel lavoro della coppia genitoriale, con l’amore in famiglia e l’appoggio incondizionato e insostituibile della baby sitter, novella Mary Poppins, irrompe all’improvviso il dramma. E si tratta di un evento degno della più raccapricciante e lugubre tragedia greca, e la prima che viene in mente è l’uccisione dei propri figlioletti da parte della implacabile eroina Medea, mossa dal desiderio di vendetta nei confronti del traditore, l’eroe greco Giasone, da cui è stata abbandonata. I bambini vengono uccisi da Louise in un pomeriggio qualsiasi, mentre stanno facendo il bagnetto nella vasca da bagno della loro casa. E il piccolo e accogliente nido, teatro di giochi e di ore serene si trasforma nel luogo orribile del loro martirio. Louise tenta anche, senza però mettere a segno il colpo, di uccidersi tagliandosi le vene e ferendosi al collo con un coltello da sushi in ceramica, affilatissimo, un regalo che la madre Myriam aveva nascosto in cima ad un armadio per timore che finisse casualmente nelle mani dei figli.

Analisi: Il romanzo è costruito come un thriller, si apre sull’evento tragico appena accaduto: “Il bambino è morto. Sono bastati pochi secondi. Il medico ha assicurato che non aveva sofferto.”; seguono l’intervento e le indagini della polizia e infine vengono rievocati i momenti antecedenti il duplice delitto, e poi a ritroso i mesi e gli eventi significativi che negli anni hanno preceduto un epilogo tanto doloroso. Una donna magistrato studia il caso e cerca di ricostruire il movente, facendo luce sui segreti della tata, sulla sua esistenza triste e travagliata, sulla sua immensa solitudine, che i coniugi Massè non hanno saputo o voluto conoscere.

Colpisce nel romanzo il grande sforzo di costruire una trama assolutamente verosimile, nella rappresentazione di una famiglia borghese giovane, alle prese con problemi attualissimi come la ricerca delle gratificazioni sul piano lavorativo, che debbono dare un senso ai sacrifici e agli anni di studio dei due genitori, la difficoltà per la giovane madre di riprendere il lavoro dopo le maternità, stretta tra i sensi di colpa nei confronti dei figli e il desiderio di un orizzonte più ampio; e poi una certa ristrettezza economica che oggi colpisce anche chi nella scala sociale è sufficientemente in alto; infine viene evocata la vita nella metropoli, in questo caso Parigi, che divide inesorabilmente chi abita nelle periferie povere, squallide e anche pericolose, e chi conduce un’esistenza comunque privilegiata nelle agiate zone centrali, dove ci sono vie eleganti , ricche di negozi dalle vetrine accattivanti, locali dove ci si siede all’aperto e parchi curati dove i bambini possono giocare.

Le ragioni che muovono i personaggi vengono scandagliate in modo preciso e quasi chirurgico: sono ragioni psicologiche, sociali e culturali. Non ci sono vittime e colpevoli secondo uno schema ovvio. Tante cose concorrono a determinare la conclusione tragica e ovviamente affondano le loro radici nel passato. Viene via via ricostruita la trama degli eventi che conduce inesorabilmente alla follia di Louise: Louise ha avuto un’infanzia senza amore e, una volta divenuta madre di Stefanie, proprio lei che accudisce amorevolmente tanti piccoli che le vengono affidati per lavoro, non riesce a farla crescere in modo equilibrato, ad amarla come sarebbe naturale e necessario, ad educarla. Stefanie, goffa e sgraziata, dalla corporatura massiccia, tutto il contrario della madre, ( minuta e magrissima al punto da sembrare quasi una bambina) vive all’ombra delle persone di cui si prende cura la tata, e si sente sempre in secondo piano, ai margini, non desiderata, non amata. Per lei non ci sono le attenzioni, i giochi, le storie fantastiche e le canzoncine che allietano l’infanzia dei bambini affidati a Louise, ma solo divieti, inviti pressanti a non disturbare, a farsi invisibile per poter stare accanto alla madre mentre questa svolge il suo lavoro. E Louise deve lavorare molto per poter garantire a sé, alla figlia e a un marito inetto, che non ama e da cui non è amata, un’esistenza dignitosa. La vita difficile di Stefanie conduce prima all’espulsione da un liceo parigino, poi ad una fuga da casa, che sembra lasciare indifferente la madre. Dopo la morte del marito, Louise rimane preda di una solitudine sconfortante, aggravata dai debiti che il coniuge le lascia come un fardello pesante, un’eredità che lei non sa affrontare e che la conduce alla disperazione, all’abbandono. Senza la casa, che le è stata pignorata, senza energie e prospettive per il futuro, si trasferisce a Parigi e qui fortuitamente trova impiego presso i Massè. Inevitabile che finisca per colmare il vuoto della sua grama vita grazie al ruolo sempre più determinante che svolge in seno alla famiglia che si serve di lei. Col trascorrere dei giorni il suo affetto malsano si riversa sui piccoli di casa, che rispondono a loro volta con affetto sincero, come solo i bambini sanno fare; sempre più la tata mette radici nel posto che dovrebbe essere esclusivamente un luogo di lavoro, e in modo consapevole e determinato fa di tutto per rendersi indispensabile. Gradualmente, però, i Massè cominciano a comprendere che nelle pieghe dei comportamenti di Louise c’è qualcosa che non va, che la tata perfetta probabilmente perfetta non è; nonostante abbiano ricevuto e ricevano tanto da lei cominciano a sentirla prima come un peso ingombrante, poi come un problema, e infine come un essere ripugnante di cui è necessario liberarsi prima possibile. Neppure quando vengono a sapere che la donna è afflitta da gravi problemi economici sono capaci di offrirle un aiuto valido e concreto, presi come sono dalle loro vite, dalle loro aspirazioni. La loro mancanza di generosità e umanità è totale. Louise intuisce che sta per essere messa alla porta e la sua fragile costituzione psichica subisce un tracollo: i suoi pensieri divengono ossessivi e caotici. Sentendosi ormai senza scampo, alle prese con i suoi demoni e abbandonata a se stessa, incapace di chiedere aiuto a chicchessia, arriva a maturare il proposito orribile.

Il romanzo mostra una sorprendente lucidità e chiarezza nel delineare caratteri e trama, la storia si dipana pian piano e ogni avvenimento, ogni fatto rievocato contribuisce a completare i tasselli della vicenda. La prosa è asciutta, ma curata: ne risulta un linguaggio chiaro ed elegante, che attinge alla contemporaneità e che illumina con sensibilità, ma senza pietismi ed enfasi, i pensieri più nascosti dei protagonisti.

Il personaggio della tata è indagato con attenzione, alla ricerca di una verità che non si ferma di fronte alla rappresentazione degli aspetti più bassi e repellenti della sua umanità. Nell’intento della scrittrice deve emergere un quadro, il più possibile dettagliato, di ciò che conduce al gesto finale, solo apparentemente inspiegabile. E’ necessario riportare alla luce la verità scomoda, quella che non ci fa piacere conoscere, appannata o spesso addirittura nascosta dietro false motivazioni. I coniugi Massè possono essere definiti brave persone, che si sentono sinceramente democratiche, che credono di non avere nulla da rimproverarsi nei confronti di Louise, che accolgono accordandole subito piena fiducia. Myriam le fa piccoli regali, donandole oggetti o capi di abbigliamento che a lei non servono più, seppure con lo scrupolo di essere fraintesa, di offenderne la sensibilità . Spesso compra a Louise la torta all’arancia di cui lei è ghiotta. Paul decide addirittura di portarla in vacanza in Grecia con loro. Però a ben vedere la donna viene sfruttata con estremo cinismo: nessuno dei coniugi si interroga sul perché Louise sia così inspiegabilmente disponibile, nonostante un compenso che si intuisce estremamente modesto; i due sono presi esclusivamente dai loro problemi e godono della ritrovata libertà in modo egoistico, trascurando addirittura i loro doveri di genitori, come ad esempio fa notare la maestra di Mila quando convoca Myriam; con la tata che tanto si prodiga per loro non sono capaci di essere a loro volta generosi, non solo sul piano economico ( cosa già di per sé gravissima), ma anche su quello relazionale e affettivo: i riconoscimenti che le tributano solo vuote chiacchiere, frutto di condiscendenza, che non si traducono al momento opportuno in autentica solidarietà; e quando ritengono di poter fare a meno di lei, la vorrebbero licenziare senza esitazioni, pur sapendo che Louise è in difficoltà.

Dice la Slimani in una recente intervista: “Attraverso la figura della tata si raccontano molte cose sulla nostra epoca: esiste una forma di sfruttamento globale tra donne. Qualcosa di strano, perverso». Si tratta di donne provenienti molto spesso da paesi poveri, costrette magari ad abbandonare i figli propri, che si prestano per accudire quelli delle altre, e che in silenzio accettano condizioni spesso ingiuste, di cui si lamentano di nascosto, ma a cui non sanno opporsi, perché all’interno di questo universo femminile manca la consapevolezza, manca la solidarietà.

Leila Slimani costruisce i suoi personaggi con grande sensibilità e ricchezza di dettagli, svelando l’ipocrisia che copre le diseguaglianze sociali ed economiche e in generale i rapporti umani, senza indulgere in un facile pietismo nei confronti dei meno fortunati. Ma siccome svolge la sua indagine, frutto di analisi e riflessioni, in quanto donna e madre impegnata in un lavoro di tipo intellettuale, si concentra in modo particolare sulle difficoltà e le contraddizioni femminili dell’oggi e non le vuole nascondere come si fa con la polvere sotto il tappeto. Con coraggio ci mostra il lato oscuro dell’emancipazione, ci indica i nodi irrisolti, certo non per rinnegare le conquiste delle donne, ma per farci comprendere tutta la complessità e le contraddizioni dell’essere madri: Myriam, dopo la nascita dei figli, ha deciso in piena autonomia e con gioia sincera di dedicarsi in modo esclusivo a loro, finendo poi per sentirsi chiusa in una condizione opprimente, svalutata sul piano sociale, e cadendo infine nella depressione; quando riprende il lavoro si dibatte tra i sensi di colpa e la realizzazione professionale, ricerca momenti di libertà e anche di evasione; Louise, la tata, è stata la “madre” di tanti bambini, affidati a lei da donne in cerca di un orizzonte più ampio o spinte da necessità economiche, ed è stata sempre apprezzata per le sue capacità, ma quando diventa a sua volta madre non riesce ad amare e proteggere sua figlia. Ne risulta una galleria di varie figure di donne, che nel loro insieme demoliscono i facili stereotipi sia della mistica della maternità, sia della visione anch’essa ormai convenzionale della felicità trionfante dell’emancipazione.



 
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