Sei su Archivio / 2018 / cinema
Agnus
Dei ( Les innocentes)
di
Anne Fontaine
a
cura di Maria Grazia Riveruzzi

Produzione:
Francia – Polonia 2016
Durata
: 115’
Genere:
drammatico
Interpreti:
Lou de Laage , Agata Buzek, Agata Kulesza,
Vincent
Macaigne, Joanna Kulig
Sceneggiatura:
Pascal Bonitzer, Anne Fontaine,
Sabrina
B. Karine , Alice Vial
Fotografia:
Caroline Champetier
Montaggio
: Annette Dutertre
Scenografia
: Joanna Macha
Costumi:
Katarzyna Lewinska
Colonna
sonora : Gregoire
Sinossi
Polonia
1945 : alla fine della seconda guerra mondiale,durante l’avanzata
sovietica nell’Europa dell’est , soldati russi fanno irruzione in
un convento benedettino e stuprano ripetutamente le suore che
rimarranno gravide. Mathilde, una giovane dottoressa della Croce
Rossa francese in missione per curare i sopravvissuti, viene
contattata da una suora in cerca di aiuto . Condotta al convento ,
assiste alcune sorelle incinte , che rischiano di morire pur di
nascondere il loro stato e la loro vergogna . Mathilde ( Madeleine
Pauliac ,nella realtà) opererà una mediazione tra la sua ragione
pragmatica e la religiosità rigida delle monache e restituirà loro
la gioia e la speranza di una nuova vita.
Regista
A nne
Fontaine
Nata
a Lussemburgo,il 15/07/1959 , inizia la sua carriera come ballerina e
si avvicina al cinema negli anni ’80, debuttando come attrice in
“Tenere cugine“. Nel 1986 collabora alla regia teatrale del
famoso romanzo di Celine “Viaggio al termine della notte”. Nel
1993 si cimenta come regista nel film “ Les histoires d’amour
finissent mal…en general”, prodotto dal marito Philippe
Carcassone . Artista poliedrica si avventura in film noir a sfondo
psicologico e amoroso –sessuale non trascurando anni più tardi
l’analisi del dramma familiare col film “ J’ai tuè mon pére “
che valse al suo protagonista , Michel Bouquet , il premio Cesar. Nel
2003 torna ad esplorare le relazioni di coppia con Nathalie e mette
in scena un nuovo triangolo amoroso tanto caro al cinema francese .
Grande ammiratrice della scrittrice Doris Lessing trae
ispirazione dai suoi romanzi per realizzare films provocatori e
anticonformisti come “The Grandmothers” e ” Two mothers “
(2013) . Nel 2003 esce nelle sale il ritratto femminile di Coco
Chanel “ Coco avant Chanel “. Con disinvoltura e con versatilità
passa dalla commedia “ Il mio migliore incubo “(2012 )con
Isabelle Huppert al dramma “ The mothers” (2013)interpretato da
Naomi Watts e Robin Wrigt. Nel 2015 dirige il film “Gemma Bovary”
e nel 2016 in “Agnus Dei” la Fontaine racconta il dramma
degli stupri di guerra in un convento di suore nella Polonia del ‘45.
Durante
un’ intervista al festival di Bari , la regista racconta di una
sera a cena durante la quale due amici produttori le presentano un
soggetto così commovente e bello da ispirarle la realizzazione del
film “Agnus Dei “. E’ una storia realmente accaduta alla fine
della 2° guerra mondiale e riportata in un diario da Madeleine
Pauliac, giovane medico della Croce Rossa francese in missione in un
paesino della Polonia poco distante dal convento depredato dai
soldati russi. In quella occasione 25 religiose sono state
ripetutamente stuprate, alcune fino a 40 volte; 20 sono morte e
cinque si sono trovate incinte .
La
regista, cresciuta in una famiglia cristiana (padre organista e due
zie suore), è rimasta particolarmente colpita dalla vicenda e
ha voluto dare voce a chi non ha avuto voce e un volto a chi non c’è
più. Dare visibilità e onorare chi ha sfidato la morte per
restituire ad altre la vita è un imperativo categorico che Anne
Fontaine ha pienamente rispettato.
“E’
una storia incredibile – dice Anne Fontaine – che getta una luce
oscura sui militari sovietici… una verità non lontana
dall’attualità”.
La
storica Lucetta Scaraffia , presente alla rappresentazione del film,
ricorda casi recenti, recentissimi dagli stupri in Bosnia agli abusi
sulle donne in Africa, in Asia, dove le vittime di violenza vengono
emarginate, escluse, respinte. Anche all’interno delle gerarchie
ecclesiastiche avvengono gli stupri. “Se non se ne parla , non sarà
possibile punire i colpevoli”. La Fontaine , per conoscere e
realizzare il film si è documentata non solo con il diario di
Madeleine Pauliac, ricco di annotazioni scientifiche, ma ha
personalmente visitato e soggiornato per qualche tempo in due
conventi benedettini.
Recensione

Agnus
Dei (Les innocentes) è un’espressione evangelica che significa
“agnello di Dio” e si riferisce a Gesù Cristo nel suo ruolo di
vittima sacrificale per la redenzione dei peccati umani.
Anne
Fontaine nella scelta del titolo per il suo film ha metaforicamente
comparato al sacrificio di Gesù la tragedia delle monache
benedettine , vittime innocenti della guerra e della bramosia
maschile.
Secondo
il diario di Madeleine Paulac, giovane medico della Croce Rossa
francese che ha ispirato ad Anne Fontaine il film, nel ’45 in
Polonia, 25 religiose sono state ripetutamente stuprate, alcune
fino a 40 volte, da soldati russi; 20 sono morte, 5 sono rimaste
gravide .
Siamo
alla fine della seconda guerra mondiale, durante l’avanzata
sovietica per la liberazione dell’Europa dell’Est
dall’occupazione nazista. La quiete e la serenità di un convento
benedettino, apparentemente lontano dai disordini bellici e protetto
da una corona di antiche mura, sono interrotte dall’irruzione
di un’orda barbarica di soldati russi che cercano nei corpi delle
religiose il loro bottino di guerra . La violenza sulle donne diventa
un’arma di guerra . Il corpo consacrato al Signore viene profanato
e violato più volte come fosse “un campo di battaglia“;
diventa materia su cui il maschio imprime la sua forma, impone il suo
ordine, il suo potere. Gli stupri di guerra, poco citati dalla Storia
e meno che mai quelli ai danni di religiose assumono una doppia
valenza simbolica: sono una violenza contro la donna e una violenza
contro la religione .
A
ciò si aggiungano la mortificazione delle vittime che scoprono la
propria corporeità con i suoi cicli biologici e la vergogna di una
gravidanza non desiderata. La regia con maestria riesce a mantenere
alta, per tutta la narrazione , la tensione e l’incertezza generate
dal contrasto tra la ragione e la fede , tra la natura e lo
spirito . E’ senza dubbio un racconto laico in cui la ragione
pragmatica della dottoressa Mathilde (nella realtà, Madeleine
Pauliac) farà da contraltare alla cieca obbedienza delle monache e
al dogmatismo fideistico , tragico e funesto, della madre superiora.
Se la religione mal interpretata e vissuta in modo dogmatico può
generare intolleranza e morte , è anche vero che dalla
violenza può generarsi la vita . E nella maternità si scioglie il
dubbio esistenziale delle suore e nella maternità ritrovano la loro
identità, accogliendo nei loro corpi, chi con timidezza chi con
amore , il frutto dello stupro .
Il
film è il ritratto corale di un mondo clericale intessuto di
relazioni femminili, solido e compatto , che con la complicità di
Mathilde e di suor Maria trova la forza di affrontare e di risolvere
nella maternità il dissidio interiore. Le affinità etiche di
Mathilde e di suor Maria e la loro amicizia romperanno le regole
rigide della gerarchia del convento e l’ordine ferreo del mondo
esterno per il trionfo della vita sulla morte e del bene sul male. La
trasgressione è talvolta un’operazione politica positiva per
vivere e per far vivere... Nelle mani dell’autrice questa storia
realmente accaduta e parziale , assume un afflato profondo e
universale e sollecita lo spettatore/trice a riflettere su alcune
problematiche esistenziali: la contrapposizione tra
l’autodeterminazione sessuale di Mathilde e la repressione sessuale
del corpo delle monache soggetto alle rigide regole di una vita
monastica. Alla castità come voto che rinnega la sessualità,
risponde la natura con le sue leggi e con la maternità, qui
descritta con grande pudore e con grande tenerezza. Al caos e
all’anarchia del mondo esterno si contrappone l’ordine rigido e
ottuso del mondo ecclesiastico.
Anne
Fontaine è stata definita la regista delle donne forti e
rivoluzionarie e ne è un esempio Mathilde , che sfida le regole del
mondo militare , i pericoli della guerra , la bramosia dei soldati in
agguato in ogni angolo della strada che lei percorre per assistere le
sue monachelle. E suor Maria che con coraggio affronta la madre
superiora e la costringe a rivelare la tragica verità . Osservando
da vicino la vita conventuale e condividendo con le religiose la
quotidianità, la regista ne esplora la spiritualità e il
rapporto con il corpo. Ma soprattutto vuole offrire allo
spettatore/trice ritratti ben strutturati e definiti individualmente
delle suore ed evidenziarne con un gioco di luce i particolari fisici
ed espressivi in modo da fugare dall’immaginario collettivo la
percezione di una comunità omogenea, non identificabile e da
mostrarne anche la fragilità e i dubbi .
In
una sequenza filmica di Agnus Dei Suor Maria ( Agata Buzek ) confessa
alla comunista Mathilde (Lou De Laage) cosa significhi vivere
credendo: “Ventiquattro ore di dubbio per un minuto di speranza “
.
La
regista volge uno sguardo ottimista su un evento storico così
drammatico e brutale che non trova conforto e speranza in altri
luoghi e in altri tempi anche più recenti. La sua opera è un inno
alla vita, alla maternità, un invito alla solidarietà femminile e
al coraggio .
IL
film nasce dal desiderio della donna - artista di evocare e dare
visibilità ad una figura femminile come Madeleine affinché sia
ricordata e annoverata nelle pagine della storia per il suo coraggio,
la sua determinazione, il suo eroismo in tempi di guerra.
Alla
fine del film torna a risplendere la luce in quel convento
volutamente tenuto nella penombra dalla regia per significare il
trapasso dalla morte alla vita e il trionfo del bene sul male .
|