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Vergine
Giurata
a
cura
di Paola Nucciarelli
Autrice
Elvira Dones
Editore
Feltrinelli
Anno
2007
Collana
I Narratori
Pagine
204
Elvira
Dones è nata a Durazzo e cresciuta a Tirana (Albania). A sedici anni
inizia a condurre programmi televisivi. Nel 1984 si laurea in lettere
inglesi e albanesi all’Università statale di Tirana. Nel 1988
lascia il suo paese – a quel tempo ancora una dittatura comunista –
e si stabilisce in Svizzera dove si sposa. Nel ’97 pubblica il suo
primo romanzo, Dashuri e huaj (Senza bagagli). Dal 2004 al 2015 vive
e lavora negli Stati Uniti d’America, prima a Washington D.C. e poi
in California, sulla baia di San Francisco. Dalla fine del 2015 è
tornata nella Svizzera italiana.
Elvira
Dones è scrittrice bilingue, albanese e italiano; ha scritto sette
romanzi, due raccolte di racconti, alcune sceneggiature, e ha
realizzato una serie di documentari per la RSI – Radiotelevisione
svizzera. I suoi libri sono tradotti in diverse lingue.
La
scrittrice e documentarista Elvira Dones
Sulle
Montagne Maledette cambiare sesso, diventare uomini, è questione di
un quarto d’ora. Basta presentarsi con i capelli tagliati e il
fucile in mano davanti ai dodici capi clan della zona e prestare
giuramento. E, dopo una notte verosimilmente agitata dai postumi di
una sbronza a base di grappa - uno dei privilegi dell’essere
maschio - l’indomani si comincia una vita nuova dove non c’è
spazio per il pentimento: cambiando sesso diventi una «vergine
giurata», e lo sarai per sempre. Vivrai da uomo, avrai il rispetto
degli altri uomini, le donne non potranno più guardarti negli occhi,
ma non potrai tornare indietro.
Il
romanzo è stato frutto di una lunga inchiesta e di una preparazione
da parte della scrittrice durata anni, ma il risultato non è stato
un saggio antropologico, ma una storia delicata che ci racconta un
mondo lontano basato su leggi ancestrali molto complesse: il Kanun
che consente a una donna si diventare uomo con tutti i relativi
doveri e privilegi, al prezzo di abbandonare la propria femminilità.
La vergine giurata non potrà più sposarsi e avere figli, giurerà
la verginità eterna, ma in cambio otterrà la libertà. Questo
fenomeno circoscritto ad alcune comunità isolate del Kosovo e del
nord dell’Albania raccontato attraverso la poetica storia di Hana
che diventa Mark, può fare orrore secondo una mentalità libera di
persone nate nella “bambagia” del post femminismo. Se ci
soffermiamo però sulle motivazioni di una scelta così estrema, ne
restiamo affascinate dalla potenza simbolica. Come spiega la
scrittrice in una sua intervista, “Le
vergini giurate sono sì il prodotto di una forma mentis
prevaricatrice che nei secoli ha posto la donna sull’ultimo gradino
della società, ma al contempo le ha lasciato uno spiraglio. È uno
spiraglio feroce? Sì. Ma è, al contempo, un compromesso. Gli uomini
concedono la “libertà” e il diritto della ribellione a una
donna. Se la donna imbocca quella strada gli uomini la rispettano; la
accolgono come loro pari”
Scegliere
di fare voto di castità, rifiutando un marito scelto da altri, può
essere visto, quindi, come forma di ribellione, la donna si libera
dal “fiato sul collo” dei propri parenti maschi e da quello della
sua comunità e fa quello che vuole da uomo e smette di essere
oggetto di desiderio. Se si paragona a quello che succede alle spose
bambine in India, alle vedove bruciate sul rogo insieme ai mariti
defunti o alle vittime di femminicidio del mondo occidentale, allora
cominciamo a capire che questa scelta estrema e terribile può essere
interpretata come l’espediente necessario per ottenere la
tanto agognata libertà.
La
conquista dell’indipendenza avviene a caro prezzo per la
vergine giurata perché oltre a tradire se stessa, sarà comunque
condannata all’isolamento: non è più donna e non è uomo fino in
fondo. Il romanzo rende magistralmente questa sensazione di
solitudine rafforzata dal tempo che scorre con un’implacabile
ripetitività in un ambiente ostile, privo delle più elementari
comodità. Si può rischiare d’impazzire, ma Hana/Mark si
rifugia nella poesia come elemento catartico. Legge poesie e ne
scrive, perché la poesia è più scafata, più fuggevole, è più
musica della prosa e Hana ha paura di raccontare, ha paura di dire
quello che sente e si lascia vivere per molto tempo.
Alla
fine, dopo dodici anni Mark cambierà vita e tornerà ad essere Hana,
ma lo dovrà fare fuori dai confini della sua Albania, perché una
vergine giurata che rinnega il proprio stato rischia di essere uccisa
nel proprio paese. Il riscatto di Hana lo si dovrà anche alla
mediazione e l’accoglienza da parte della carissima cugina Lila e
della figlia adolescente Jonida che vivono negli Stati Uniti, ma sarà
un percorso lento e difficile. L’autrice costruisce un certo
parallelismo fra il passaggio da adolescente a donna della piccola
Jonida e la difficile riappropriazione del proprio corpo di donna da
parte di Hana. C’è ancora Hana dentro quell’involucro fatto di
abiti maschili, denti gialli, capelli non curati e pelle secca? Per
molto tempo non ha pensato da donna, ma si è imposta di pensare e di
vivere come un uomo. Non si ridiventa donna semplicemente
vestendosi come tale: il pizzo del reggiseno le dà fastidio, la
gonna le si gira sui fianchi, la depilazione le dà irritazione, la
pulizia del viso che le necessita, il trucco da mettere sulla faccia,
il diventare di nuovo oggetto di desiderio… si dice che è
più comodo fare l’uomo. Il sesso mai conosciuto e adesso temuto
sarà un altro fattore determinante che rallenterà la sua
metamorfosi. Col tempo capirà che l’uomo che temeva potesse
tenacemente resistere in lei non c’è più e che era solo ”crosta
superficiale, il frutto della sua ferrea volontà.
I
frequenti battibecchi fra Hana, appena arrivata nel
nuovo mondo, e la cugina ci mettono di fronte anche al fatto
che non è facile essere donna nel mondo e tantomeno in un certo tipo
di società patriarcale: ” Tu
ti sei nascosta invece di lottare. Sei diventata uomo. Ma tu guarda,
tanto semplice! Facile fare l’uomo! La vera impresa lassù era
vivere da donna, mica fare il coglione che si ammazza di alcol e di
tabacco.”
Grida la rancorosa Lila. Lila non ce l’ha contro Hana, ma contro il
mondo, perché avrebbe voluto fare l’infermiera e invece fa la
donna delle pulizie, avrebbe voluto vivere in agiatezza negli Stati
Uniti e invece arriva a fine mese con difficoltà, era bella e adesso
è grassa… allora anche Lila dovrà cambiare qualcosa nella sua
vita per dare spazio ai propri desideri .
Il
romanzo ci induce a riflettere anche sulla ricerca della felicità,
perché non basta emigrare per esserlo se hai dei rimpianti,
dei sogni irrealizzati e hai nostalgia della tua terra. Si deve
continuare a combattere se si sa di non dover ancora morire.
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