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Vergine giurata

A cura di Paola Nucciarelli

 

TITOLO ORIGINALE: Vergine giurata

LINGUA ORIGINALE: Albanese, Italiano

PAESE DI PRODUZIONE: Italia, Svizzera, Germania, Albania, Kosovo

GENERE: Drammatico, storico

REGIA: Laura Bispuri

SOGGETTO: Elvira Dones

SCENEGGIATURA:  Laura Bispuri, Francesca Manieri

SCENOGRAFIA: Ilaria Sadun

FOTOGRAFIA: Vladan Radovic

COSTUMI: Grazia Colombini

MONTAGGIO: Carlotta Cristiani, Jacopo Quadri

INTERPRETI: Alba Rohrwacher, Emily Ferratello, Lars Eidinger, Flonja Kodheli, Luan Jaha, Bruno Shllaku, Ilire Celaj

MUSICHE: Nando Di Cosimo

PRODUTTORE: Marta Donzelli, Gregorio Paonessa

PRODUZIONE: Vivo film, Colorado Film, Match Factory Productions, Rai Cinema, Erafilm, RSI

DISTRIBUZIONE: Cinecittà Luce

DURATA: 90 minuti

FORMATO: colore

ANNO: 2015

 

TRAMA

Hana, orfana albanese, viene accolta in casa da Gjergi, un montanaro con moglie e una figlia più o meno dell'età della ragazza, Lila. Ma la cultura arcaica che abita quelle regioni, seguendo il severo codice del Kanun, mortifica e reprime il femminile, e Hana si ritrova a compiere una scelta drastica: diventare una vergine giurata, ovvero giurare verginità eterna e assumere un'identità maschile. Da quel momento sarà Mark e condurrà la sua vita come un uomo, ma al prezzo di un rifiuto radicale della propria femminilità. Molti anni dopo Mark si reca in Italia, dove ritrova Lila. Nessuno sa il perché della sua venuta, ma a poco a poco, in contatto con una cultura più aperta, Mark ritroverà Hana.

LA REGISTA




Laura Bispuri

Laura Bispuri, dopo la laurea in cinema presso l'Universita` "La Sapienza" di Roma, è stata selezionata per la scuola di regia e produzione "Fandango Lab workshop". Con il suo primo cortometraggio Passing Time ha vinto il Premio David di Donatello come miglior corto 2010. Passing Time è stato anche selezionato tra uno degli otto cortometraggi più belli del mondo nell'ambito dello "Short Film Golden Night", organizzato dall' Académie des César di Parigi. Con il suo cortometraggio, Biondina, Laura viene premiata con il Nastro d'Argento come "Talento emergente dell'anno". Vergine giurata è il suo primo lungometraggio che riceverà molti riconoscimenti fra cui il Nora Ephron Prize  che “Ho appena vinto a New York  è per me il più importante perché amplifica il senso del film e sostiene con forza e coraggio il mondo delle registe donne”.  Ha detto la cineasta.

Nel film ho voluto che fosse la poesia ad accompagnare la visione della storia, una poesia ruvida ma capace di commuovere” ha detto ancora la regista.

SCENEGGIATRICE

La sceneggiatura, oltre a essere stata curata dalla regista stessa, è stata scritta dalla bravissima Francesca Manieri, che ha firmato anche la sceneggiatura di film come Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni, La foresta di ghiaccio di Claudio Noce, Veloce come il vento di Matteo Rovere, Nemiche per la pelle di Luca Lucini, e di due progetti non ancora usciti nelle sale come Nella battaglia di Francesca Comencini e Acqua santa/Figlia mia della Bispuri. Al Festival del cinema europeo  la Manieri che ha partecipato alla tavola rotonda ‘Stavolta parliamo di donne’ ha asserito: ”è necessario dare la possibilità ai ruoli femminili di essere centrali nella narrazione, scardinando l’ancillarità del ruolo femminile. Mi viene spontaneo farlo in due modi. Il primo lavorando sulla caratterizzazione del personaggio, disarticolando lo stereotipo e così provare a raccontare quei tratti del femminile, che di solito vengono cristallizzati e osannati, come invece zone d’ombra del femminile. L’altro modo nasce da una consapevolezza del dispositivo narrativo. Significa mettere la donna al centro della narrazione e costruirla come motore di trama, come personaggio che può essere seguito e dunque come trazione sia drammatica che empatica di un film. Una scommessa artistica che è appena agli inizi.

 

RECENSIONE

Tratta dall’omonimo romanzo di Elvira Dones, questa pellicola  scarna, essenziale, con dialoghi ridotti all'osso a metà fra albanese e italiano, può anche essere vista come una sorta di documentario che approfondisce il modo di pensare e di agire in una certa parte dell’Albania che è andato avanti per secoli e che si è protratto fino ai giorni nostri.

Il film si apre con tre uomini che cercano di acchiappare una capra. La montagna e l’ambiente dai toni grigi ci mettono di fronte alla vita incolore di Mark che vive e mangia da solo bevendo raki fino a stordirsi, perché il tempo “deve” passare, e se passa da ubriaco tanto meglio.

La regista utilizza sapientemente i flashbacks per farci capire il perché Hana è diventata Mark: un percorso di vita da quando viveva con la cugina Lila ed era una ragazzina indipendente e ribelle a quando arriva all’età di “doversi sposare. Ma se si nasce “storte”, come etichetta le donne che si ribellano la madre adottiva di Hana,  o si scappa da quel mondo, o si diventa vergini giurate, oppure si viene uccise dai padri o dai fratelli…  

L’organizzazione sociale di quella comunità è infatti rigidamente codificata dalle regole degli uomini che compongono il clan, ma la maggior parte delle donne, pur essendo considerate il sesso debole, sono così forti da sopportare l’insopportabile.

Le ragazzine vengono preparate al modus vivendi sociale attraverso  scarne informazioni che sono in effetti vere e proprie leggi non scritte, il kakun, che le donne devono osservare senza obiezioni. “A loro non è permesso uscire da sole, non è permesso parlare prima degli uomini, bere prima degli uomini. Non è permesso guidare, avere un’opinione, vivere.” 

 Emblematico è il passaggio della sposa incappucciata su un cavallo che viene portata a casa del marito, la quale, non vedendo il percorso, non sarà in grado di far ritorno alla casa paterna.  Una pallottola accompagnerà la sua dote: la potrà usare il marito contro di lei se non sarà una brava moglie.

L
a parte in cui le due ragazzine corrono libere lungo una strada di montagna al suono della bella musica di Nando di Cosimo, vale il film. Non c’è bisogno di parole, poiché la scenografia e il simbolismo della realizzazione filmica sono molto incisivi e ci lasciano attoniti/e.

La coraggiosa regista riprende i personaggi  con riprese molto vicine ai volti e ai corpi mettendo a nudo i più piccoli particolari e le loro imperfezioni di esseri umani. La cinepresa sta sempre dietro alla nuca di Hana/Mark interpretata dalla brava Alba Rohrwacher che cammina sbilenca, ingobbita, con pantaloni troppo larghi per il suo fisico efebico, mentre scopre un mondo  in cui non sa ancora bene quale ruolo interpretare.

Utilizzata come elemento simbolico della vita e del suo scorrere, l’acqua fa da sfondo alla storia  in tutte le sue rappresentazioni: nel mare, nella pioggia, nella neve, nel fiume, nella piscina, nella vasca da bagno.

A differenza del libro della Dones, ben scritto e molto poetico, la pellicola non risulta sempre all’altezza, vuoi per la pesantezza che si respira e che dovrebbe comunicare il senso di disagio della triste e goffa protagonista, che per la recitazione troppo innaturale di Jonida nella parte della nipote. Il lungometraggio firmato dalla giovane Laura Bispuri  resta comunque un buon film  da vedere e su cui meditare.  

RICONOSCIMENTI:

Antalya Golden Orange Film Festival 2015: International Feature Film Competition - Miglior Attrice (Alba Rohrwacher)

Globi d'Oro 2015: Migliore Opera Prima

Hong Kong International Film Festival 2015: Young Cinema Competition - Firebird Award

Molodist - Kiev International Film Festival 2015: Sunny Bunny - Best Film

San Francisco International Film Festival 2015: GGA: New Directors - Miglior Film

Tribeca Film Festival 2015: World Narrative Competition - Nora Ephron Prize

 

 

 
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