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LE FIABE

a cura di Marisa Rotiroti

In origine e fino al XVIII secolo alle fiabe erano interessati soprattutto gli adulti perché si riteneva che i motivi fiabeschi avessero delle attinenze con la vita pratica. Esse mettono anche in evidenza i rapporti tra i sessi e, poiché ci sono state tramandate oralmente hanno un’impronta maschile o femminile a seconda di chi le ha raccontate, come mette in evidenza Marie Louise von Franz. In base alla sua esperienza i maschi tendono a identificarsi nelle gesta degli eroi, le fanciulle si identificano nei sentimenti delle protagoniste.

Essendoci nelle fiabe spesso una protagonista, viene spontaneo chiederci: la fiaba rappresenta realmente la donna e la sua psicologia? Questo non è detto perché, soprattutto dopo che le fiabe sono state trascritte, molte storie che descrivono le avventure e le sofferenze di una donna sono state raccontate dagli uomini e quindi sono proiezioni della loro immaginazione: esprimono le loro aspirazioni e le loro difficoltà a entrare in relazione con le donne.

E se si cercherà  di adattare il proprio comportamento a quello degli uomini, le donne non riusciranno ad avere consapevolezza di se stesse, ma saranno specchio dei desideri degli uomini. Incarnando i loro desideri, saranno amate come uno dei suoi fantasmi e non come una persona indipendente.

Originariamente la narrazione delle fiabe avveniva per adulti e bambini/e nelle stalle, nell’aia e davanti al focolare. Nel tempo, quando vennero trascritte, nacque la letteratura fiabesca che, nel corso dei secoli, subì delle modificazioni:

Con la trascrizione da parte di Perrault e Andersen, nel 1600, le fiabe, rivolte agli adulti, si diffusero tra i nobili e nelle corti, dando origine alla fiaba d’autore.

Con i fratelli Grimm, nel 1800, che le trascrissero per i bambini , si verificò un processo di infantilizzazione.

Le fiabe, comunque, per alcune loro particolari caratteristiche, hanno la potenza di parlare ad adulti e a bambini, perciò, sono state e lo sono ancora oggi, oggetto di riflessione e di analisi da parte di illustri studiosi tra cui il russo Propp e l’austriaco  Bettelheim.

Propp ha identificato i personaggi delle fiabe in base al ruolo che hanno nella narrazione, in base a ciò che fanno e non a ciò che sono; li ha schematizzati in quattro sequenze: equilibrio iniziale, rottura dell’equilibrio, ricomposizione attraverso le peripezie dell’eroe e lieto fine.

Egli riconosce le radici delle fiabe, soprattutto quelle di magia, nel rito di iniziazione, antica cerimonia celebrata presso le comunità primitive e tribali. Tale cerimonia indicava il passaggio dei ragazzi e delle ragazze dall’infanzia all’età adulta, dopo essersi sottoposti a diverse prove e dimostrato di saper affrontare le difficoltà. Il culmine della prova era la morte simbolica, con la quale morivano all’età infantile e si risvegliavano in una nuova condizione.

Bettelheim indaga il significato che le fiabe assumono nello sviluppo emotivo dei ragazzi e delle ragazze. Parlando al loro inconscio, inconsapevolmente le fiabe offrono esempi di superamento delle difficoltà esistenziali che li turbano: lotta tra il bene e il male, timore di non essere adeguato/a, bisogno di essere amati/e e timore della perdita.

Anche noi oggi, insegnanti, genitori e nonni, attraverso la lettura delle fiabe cerchiamo di analizzare e comprendere le difficoltà dell’adolescenza.

 

 

 

 
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