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Biblioteca
delle Donne 2017
Il
maschile e il femminile nelle fiabe
C’era
una volta…e ora?
II anno
Dopo
il successo di questo progetto nel 2016, la Biblioteca delle Donne
continua a volersi confrontare con i giovani e le giovani per cercare
di contribuire a creare un mondo migliore per le future generazioni.
Riteniamo fondamentale un reciproco riconoscimento delle differenze
di genere: Fin da piccoli, i maschi e le femmine si dovrebbero
conoscere e rispettare per le differenze insite nei loro sessi di
appartenenza, valorizzando le diversità in una convivenza
partecipativa, aldilà degli stereotipi
propri delle passate generazioni.
Con il
termine “stereotipo” ci si riferisce a
qualsiasi opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè
non acquisita sulla base di un’esperienza diretta o conoscenza
specifica, a una credenza diffusa che attribuisce alla realtà
alcune caratteristiche a prescidendere.
I/le
giovanissimi/e non possono avere ancora esperienza diretta delle
dinamiche di genere e rischiano di essere influenzati nella
propria vita da certi preconcetti discriminatori o
stereotipi di genere, ormai anche fuori dal tempo attuale, per via di
semplici luoghi comuni.
Nell’infanzia,
lo sviluppo dell'identità di genere non è un fenomeno
“naturale” che dipende dalla differenza biologica, ma è il
prodotto dei modi di pensare e di comportarsi appresi durante la
crescita, in particolare
nei primi anni di vita in cui la famiglia e la scuola hanno
la maggiore responsabilità nella trasmissione di modelli di
donne e uomini fortemente stereotipati. Anche le fiabe, lontano
dall’essere neutre, sono un mezzo di trasmissione culturale degli
stereotipi e svolgono un ruolo di forte polarizzazione tra caratteri
femminili e maschili e contribuiscono
spesso a confermare, tramandare e riprodurre modelli sociali
tradizionali e forti differenziazioni di genere.
Attraverso il nostro “sguardo”,
cercheremo di condurre i giovani e le giovani a una differente
visione di loro stessi/e, superando alcuni cliclè e convenzioni che
potrebbero limitarli in futuro nella loro visione del mondo.
A tale proposito, proponiamo per il
2017 l’analisi simbolica di tre film di animazione: La bella
addormentata nel bosco del 1959, Rapunzel del
2010, e Frozen del 2013.
Il primo trae spunto dalla fiaba La
bella addormentata nel bosco di C. Perrault del 1697 . Anche
per questa fiaba, sia che si tratti di quella di Basile del 1693, che
di quella di Perrault o dei fratelli Grimm, esistono molte
teorie psicanalitiche e anche esoteriche a seconda dei casi, ma
noi vogliamo proporre la versione edulcorata della Disney, adatta
anche a spettatori molto giovani. La principessa Aurora a causa della
maledizione di Malefica si addormenta per un sonno eterno, ma il
coraggioso principe Filippo con il suo cavallo bianco affronta il
bosco di rovi e il drago e la salva con il bacio del vero amore.
Nonostante il complicato simbolismo della rinascita, morte e
risurrezione, ai giovanissimi rischia di arrivare solo il messaggio
che la povera principessa non avrebbe avuto nessuna speranza, se non
fosse stata salvata dal principe.
Nel 2010 la Disney produce Rapunzel
– L’intreccio della torre tratto dalla raccolta
Fiabe scritta fra il 1812 al 1822 dai fratelli Grimm. Questa eroina è
mutuata sia dal mito greco di Danae, madre di Perseo che venne
rinchiusa in una torre, che dalla novella di Basile Petrosina
nel Lo cunto de li cunti. Anche in questo caso La Disney
stravolge la trama originaria per creare un’eroina coraggiosa e
simpatica che riesce a cavarsela egregiamente in compagnia di un
altrettanto simpatico ladruncolo che alla fine riuscirà anche a
redimere.
L’ultimo film che proponiamo è
Frozen, tratto dalla fiaba di Hans Cristian Andersen La
regina delle nevi , e distribuito dalla Disney nel 2013,
vincitore del premio Oscar come miglior film di animazione e miglior
canzone Leti it go. La Disney ha operato una marcata
digressione dalla bellissima fiaba originale per
enfatizzare il rapporto fra due sorelle orfane e sulla potenza
del loro indissolubile legame di sorellanza, elevando
quest’ultimo allo “status” di famiglia.
Paola Nucciarelli
Soverato, 9 febbraio 2017
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