Autrice: Michela
Marzano
Titolo: Volevo
essere una farfalla
Editore:
Mondatori
Anno:
2011
Collana:
Strade blu saggistica italiana
Pagine:
216
Scheda libro a cura di ………………………….
“Volevo essere una farfalla”
e’ l’ultimo libro pubblicato dalla Marzano,
affermata filosofa italiana che vive in
Francia.
Il libro racconta come l’anoressia l’abbia
accompagnata per anni, costringendola quasi
a sopravvivere più’ che a vivere, a
rimettersi quotidianamente in gioco e in
questione a prezzo di dure lotte con se
stessa, a voler infine riprendere a vivere a
tutti i costi.
Dalla prima infanzia a Roma alla nomina a
professore ordinario dell’università’ di
Parigi, passando per una laurea e un
dottorato alla Normale di Pisa, la sua vita
si e’ svolta all’insegna del “dovere”.
Figlia di un professore universitario, uomo
dal carattere autoritario e severo, nutre,
fin da piccola, un affetto incondizionato
nei confronti della figura paterna,
contrapposta a quella troppo fragile e
remissiva della madre. L’affetto che la
bambina riversa sul padre sembra essere
respinto da una cortina impenetrabile e con
il passare degli anni si trasforma nella
consapevolezza che per conquistare le sue
attenzioni sia sufficiente essere ciò’ che
lui desidera.
Vuoto, sofferenza, incomunicabilità’,
indifferenza diventano gli incubi spettrali
che affollano quella fragile esistenza
sopraffatta dall’unico obiettivo di
annullarsi completamente, in una lotta
quotidiana ed estenuante tra il bisogno di
essere, di far accettare al padre la parte
più’ vera e autentica di sè, e la
necessità’ di dover essere la figlia che
lui desidera.
L’imperativo categorico e’ imporsi un rigido
autocontrollo su ogni aspetto della propria
esistenza. Una necessità’ che non resta
confinata nell’ambito del difficile rapporto
padre-figlia ma che, giorno dopo giorno, si
estende ai rapporti con gli altri fino a
diventare una barriera che si erge come
protezione nei confronti del mondo.
Il sintomo evidente di una sofferenza così’
profonda ha il volto oscuro dell’anoressia.
E’ l’unico modo per sentirsi vincente:
controllare il proprio peso, significa
controllare la propria vita.
Nel suo impegno esclusivo per raggiungere la
perfezione e ottenere successi, ci racconta
anche delle punizioni per ogni cibo
ingerito, del calcolo ossessivo delle
calorie assunte a ogni porzione di torta e
il conteggio delle vasche in piscina per poi
smaltirle tutte.
Michela riesce ad offrire una testimonianza
sincera della fragilità di una giovane
donna, del desiderio di attenzioni,della sua
silenziosa richiesta d’aiuto. E ci mostra
anche il coraggioso cammino per affrontarle,
quello che ha percorso lei, nel corso degli
anni, per sconfiggere la malattia e il
senso di disperazione e inadeguatezza fino
al giorno in cui ha detto basta,basta
onnipotenza, basta perfezione .
Il giorno in cui ha iniziato ad acquisire
consapevolezza di ciò’ che davvero l’avrebbe
aiutata nel suo percorso: riconoscere i
limiti, le proprie paure, le proprie
sofferenze. Guardarle e accettarle e
convivere con esse.
Il libro e’ scritto in una chiave narrativa
assolutamente originale e nel contempo
assolutamente avvincente. Non e’
un’autobiografia, non sono memorie, non e’
un saggio, non e’ una storia ---eppure e’
tutte queste cose!
L’anoressia e’ un pretesto per raccontare il
male profondo che e’ di una bambina, di una
ragazza, che vuole solo vivere, comprendere,
gioire e crescere in una situazione in cui
un padre, severo docente universitario, e
una madre amorevole non sono affatto la
ragione scatenante di ciò’ che l’affligge.
E’ la fatica di vivere,o meglio la fatica di
voler capire tutto, afferrare tutto, che
aggredisce e attanaglia la piccola Michela,
il conflitto tra un dover essere atteso e
perseguito con ostinazione –e non tanto per
volere del padre-e un essere fragile,
indifeso, forse insufficientemente
protetto da un calore famigliare, che in
effetti non le manca.
Di qui si snoda tutta la sua vita che non e’
un racconto lineare e puntuale,
cronologicamente condotto: si tratta di una
serie di flash- ed e’ per questo che il
libro va letto tutto di un fiato, come
“confessioni” rese sul lettino
dell’analista, dove parli per te, come “ti
viene in mente” al di là delle coordinate
spazio temporali che scandiscono, invece, la
cosiddetta vita normale di ogni giorno.
Michela costruisce la sua storia con criteri
atemporali -si può’ dire così’ –perché non
e’ lo scorrere del tempo che caratterizza il
suo crescere e maturarsi! E’ l’
inquietudine costante e insoddisfatta di
Michela
bambina, giovinetta, adulta, studentessa,
professore, filosofo che tesse il filo della
narrazione, una sorta di diario che però’
non afferisce al susseguirsi dei giorni, ma
e’ scandito per dolori e per gioie, pensieri
di morte e inni alla vita.
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