Biblioteca delle Donne di Soverato
Incontro con il gruppo di lettura
Come coordinatrice del progetto“Scrittrici in Biblioteca”, presento Chiara Ingrao.
Chiara Ingrao, nata nel 1949, è sposata con Paolo Franco e ha due figlie, due
figliocci e una nipotina. Di professione interprete, ha lavorato anche
come sindacalista, programmista radio, parlamentare e consulente del
ministro per le Pari opportunità. Si è impegnata nel femminismo sin dagli anni
’70 e nel pacifismo degli anni ’80. Fondatrice dell’Associazione per la pace,
ha contribuito alle prime iniziative comuni tra pacifisti israeliani e
palestinesi e al movimento contro la guerra in Iraq, alle prime iniziative di
pace e di solidarietà nei Balcani. Per
BCD e ha pubblicato nel 2005
Soltanto una vita (firmato con
la madre, Laura lombardo Radice, di
cui il libro racconta la vita e
raccoglie gli scritti). In
precedenza ha scritto: Né
indifesa né in divisa
(1987, con Lidia Menapace) e
Salaam Shalom - Diario da
Gerusalemme, Baghdad e altri
conflitti (1993); nel 2001 ha
curato, con Cristiana Scoppa, il
volume Diritti e rovesci - I
diritti umani dal punto di vista
delle donne e il sito internet
www. diritti umani.donne.aidos.it.
Questi ultimi testi, oltre ad articoli, saggi e brani di altri libri, sono
scaricabili gratuitamente dal sito internet: www.chiaraingrao.it. L’ultimo suo
lavoro è Il resto è silenzio
di prossima pubblicazione.
Siamo contente di incontrare Chiara
in Biblioteca, in questo luogo che
sentiamo nostro perché qui il
pensiero femminile si scopre, si
discute, si custodisce e si
diffonde, perché divenga ricchezza
collettiva. L’accostamento delle
nostre diversità apre spazi di
confronto ed è garanzia politica di
esistenza per ciascuna di noi.
Ritorna dopo qualche tempo anche
Delia che ringraziamo in quanto ci ha messo in contatto con Chiara e la
sua scrittura.
“Soltanto una vita” di Laura
Lombardo Radice e Chiara Ingrao fin
dalle prime pagine fa una promessa a
chi legge. In verità, le promesse
sono due, e precisamente, una
emotiva, l’altra intellettuale.
Chi di noi lo ha letto sa quanto
questo libro tocchi profondamente il
cuore e come apra la mente,
utilizzando parole fondanti che
colmano un difetto di memoria, quasi
che la storia ricominci ogni volta
da zero. Certo, abbiamo bisogno di
ampliare la nostra
memoria,includendo anche la
risonanza corporea alle nostre
conoscenze.
Del resto, scrivere per guardarsi
dentro, come fanno Laura e Chiara,
aggiunge un valore alle parole.
Chiara compie un viaggio a ritroso
in compagnia di una donna, Laura,
sua madre,degli scritti di lei e di
un coro di voci che si uniscono ma
non si confondono né si
sovrappongono, mentre raccontano una
storia di vita quotidiana che
costruisce una storia più vasta,
quella del nostro Paese.
La narrazione procede con un
cambiamento di sguardi,che
appartengono a due generazioni di
donne, la madre e la figlia che
determinano e/o interpretano gli
eventi; entrambe, però, hanno voglia
di sperimentare un modo nuovo di
porsi nel mondo.
Chiara sceglie una misura reale cui
rapportarsi, (la madre) e, mentre
compie il suo percorso nella memoria
e nella storia, traccia una retta di
fuga che non è quella maschile
progressiva e magnifica,infatti,
quando del viaggio protagonista è la
donna, la linea si curva e si
arrotonda in quel disegno femminile
e femminista in cui l’origine e la
fine si ricongiungono. Con ciò
intendo sottolineare che, nonostante
le differenze, tra le due
donne che si confrontano c’è un
riconoscimento reciproco. L’identità
di genere ci rende forse
uguali? No, lo sappiamo. Questo
libro però dimostra una volta in più
che il primo teatro in cui si
stabiliscono i ruoli che poi
giocheremo nella vita è la scena parentale.
“Ella era là, dice Virginia Woolf
della madre, proprio al centro della
vasta cattedrale dell’infanzia. Là
dall’inizio”.
Be’, fin dall’inizio sono nominate
tre donne: l’anticonformista Laura
che vive l’infanzia in Sicilia,
nella terra di suo padre ma nasce a
Fiume; la fiumana Gemma, sua madre,
socialista,poliglotta,
internazionalista; la pacifista
Chiara,figlia di Laura, che si
ritrova a soccorrere una Iugoslavia
lacerata dalla guerra.
Da lì inizia il racconto, forse per
radicare una genealogia di donne e
una mirabile ricchezza di storie che
si intrecciano tra loro e con una
società patriarcale che cerca di
sottometterle ma non riesce ad
assimilare queste donne alla
propria identità.
Torniamo a Laura, si presenta così:
“Io sono una Lombardo Radice, figlia
di Giuseppe Lombardo Radice e
sorella di Lucio”, quasi a indicare
l’influenza della sperimentazione
pedagogica familiare sulla sua
formazione e il cambiamento che
avvenne in lei con l’arresto di suo
fratello,nel ’39, durante il
fascismo.
Erano gli anni della gioventù,di un
intenso scambio intellettuale con
gli amici,si faceva cultura, si
costruiva pensiero teorico e prassi
politica. In modo naturale i giovani
Lombardo Radice e i loro amici
sceglievano la vita comunitaria,
discutevano di politica e
diventavano comunisti.
C’è Laura nel gruppo romano, in quel
primo soggetto politico,che prepara
la cospirazione. C’è la
clandestinità di Pietro Ingrao e
degli amici, c’è la ribellione delle
donne in una Roma affamata
occupata dai nazisti.
Si ponevano così le basi per la
partecipazione delle donne alla vita
politica nazionale.
Intanto Laura, insegnante all’Oriani,
un istituto di periferia, sfida i
suoi alunni sul piano culturale,
non politico, li vuole condurre
sulla via dell’emancipazione,
mantenendo fede ai suoi ideali.
Vuole preparare la futura democrazia
abituandoli a resistere con la mente
e il cuore, non con le armi. Non
trascura, Laura, di lavorare nel
Comitato di assistenza alle vittime
del fascismo e di portare avanti il
suo impegno nell’UDI. C’è la vita
pubblica e quella privata,
l’affermazione della sua diversità
come donna, della sua autonomia dal
partito e dal suo uomo,il mito
dell’Unione Sovietica, i primi
ripensamenti.
Poi arriva il ’68 e le strade di
Laura e Chiara si dividono: una
resta ferma all’emancipazione, ma
continua ad ascoltare e ascoltarsi;
l’altra sostiene la separazione e la
differenza.
Laura ha già 70 anni quando fa
volontariato in carcere tra i
detenuti comuni di Rebibbia, è
convinta ancora una volta di
poterli aiutare aprendo le loro
menti, di poter progettare assieme a
loro, battendosi con passione contro
l’emarginazione e la repressione.
C’è tantissimo altro in questo libro: le lucide riflessioni di Chiara nel
prologo che precede gli scritti di Laura, la pratica relazionale, il partire da
sé per ascoltare, riconoscere e farsi riconoscere dalle persone che amiamo, “il
caldo ingombro dei sentimenti” che dà sofferenza e autenticità.
Questo libro raccoglie fatti
di portata storica, segnati da
un’identità femminile straordinaria.
“Soltanto una vita” non è solo
memoria ma eredità preziosa di
valori e di esperienze in cui per
motivi diversi ognuna di noi può
riconoscersi.
Emerge il soggetto femminile non
l’individualista donna in questo
omaggio che Chiara rende alla madre
e al processo di identità di una
cultura di genere.
Nel raccontare l’Italia confusa del
tempo c’è tutta la rabbia delle
donne appassionate e generose. Nel
presentare, invece, alcuni momenti
di vita familiare, non manca la
tenerezza, che oggi faccio mia per
dirti che avrei voluto
avere alle elementari un’amica del
cuore come te che mi raccontasse con
coraggio che i comunisti, come tua
madre,erano buoni come Gesù.
Soverato, 19/03/07 Lilly Rosso
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