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Giusy Verbaro è una poeta che ha avuto numerosi riconoscimenti nazionali, ha vinto diversi premi, i suoi libri sono recensiti da illustri personalità della cultura accademica, ultimamente ha partecipato a due incontri ………………
Soverato, 26 marzo 2003
Incontro con Giusy Verbaro
La metafora del viaggio da Itaca
a Pitt Island
…attraverso….
“Nel nome della madre”
Introduce
Marisa Rotiroti
Tutte noi conosciamo da anni Giusy
Verbaro che, nata a Catanzaro e vivendo da sempre tra la sua città
natale e Firenze, sua città di adozione, ha anche un pezzo di cuore
a Soverato, dove trascorre da anni le sue estati e ha tante amiche.
Il motivo che ci ha indotte a invitarla stasera a raccontarci il suo
viaggio metaforico non è la simpatia che pur ci lega a lei, ma il
desiderio di comprendere il valore della sua poesia. Giusi è una
poeta del nostro tempo, della nostra terra, che ama profondamente e
che è sempre presente nelle sue poesie. Pur nell'erranza continua
della sua vita (qui parliamo dell'erranza fisica!) Giusi torna sempre
al suo mare, alla sua terra. Questo incontro continuo, però, di
terra e di mare non rappresenta la quiete, ma piuttosto la difficoltà
a stare in un solo luogo. Giusi torna sempre al suo mare che è il
luogo della meditazione, un confine libero, un orizzonte che richiama
proprio perché sfugge……
Si è laureata in Biologia a
Firenze e in questa sua esperienza di studio i critici trovano la
radice delle ricerche di linguaggio, che caratterizza lo stile
poetico di Giusi. Nel 1970 pubblica la sua prima opera "Essere
Voce" in cui affiorano le prime inquietudini e gli smarrimenti
di un desiderio indistinto, Non scrive fino al 1979, (Traiettorie
e Traslazioni mutuato),
ma continua a lavorare come operatrice di cultura nella sua Calabria,
terra di frontiera. Dedica questi dieci anni di silenzio, ascolto di
sé, allo studio e alla conoscenza critica della poesia del 900.
Negli Anni '80 - '90 è impegnata nel dibattito nazionale relativo
alla ricerca del nuovo modo di fare poesia, che attraversa gli stili
e le sperimentazioni di quel tempo.
Era il periodo del
recupero della
parola e
del dualismo natura - simbolo, storia e allegoria, verità -
occultamento, sentimento - pensiero. E in una società impoetica,
attraversata dal terrorismo, la ricercatezza della parola era l'unica
possibilità di salvezza per la poesia. (Si scriveva tanto: poesie,
romanzi…. riviste…si costruiva pensiero filosofico e storico
soprattutto da parte delle donne ed è anche di quegli anni la
nascita del pensiero filosofico del femminismo della differenza….)
Giusi in quegli anni scrive molto: consapevole dell'importanza della
parola poetica e della difficoltà del suo porgersi, consapevole che
il mondo dei giovani sia aperto alla conoscenza della poesia, quale
luogo dello spirito in un tempo sordo alle voci, ha messo a loro
disposizione la sua lunga esperienza poetica. Ha ideato nelle scuole
corsi di scrittura creativa, corsi di letteratura, laboratori sui
linguaggi della poesia, indagini e confronti sui testi delle canzoni
d'autore, incontri di poesia - teatro e.. …in uno di questi
incontri io l'ho conosciuta dieci anni fa, quando insegnavo al Liceo
Scientifico "Fermi" di Catanzaro Lido.
Non ricordo in quale scuola ci
trovassimo, ma Giusy presentava "Le lune e la regina",
appena pubblicato, il suo "romanzo dell'anima", come lo
definì Giampaolo Rugarli. Adele Fulciniti recitava le sue poesie.
Ho un ricordo molto bello di
quell'incontro perché in un'aula spoglia, asettica, come lo sono
tante aule delle nostre scuole, in un caldo pomeriggio di primavera
inoltrata, si era creata un'atmosfera magica e…. anche una empatia
emotiva circolare fra tre mezze generazioni di donne: noi insegnanti
e Giusy, Adele e le ragazze e i ragazzi. Tra la voce delle due donne
che parlavano e le orecchie di noi che ascoltavamo in quel momento
era accaduto qualcosa….Il tema di quelle poesie era l'amore
- disamore.
Accenno a qualche verso
…. Ho
amato in te un amore che non ti assomigliava (pag 35)
……plasmarti a mia misura fu
amare me riflessa nello specchio (pag. 35
Il dire
il sentimento dell'amore e la pratica dell'amore
ci avevano accomunate/i perché non conoscono tempo e non conoscono
progresso. Il suo mondo, come il nostro mondo sembrava impregnato di
violente e laceranti passioni ed emozioni …sarai
come domestico coltello dalla lama affilata….(pag.38)
e nello stesso tempo una
riflessione dolcissima che tutte noi e tutti noi abbiamo fatto almeno
una volta nella vita
.…amo
l'amore, forse, non te che dell'amore porti soltanto il nome…(pag.40)
……e torno a custodirti - mio
povero tesoro - in lungo sonno
Passato quel momento di comune
commozione, Giusi è stata un fiume… un fiume in piena di parole,
affettuosa e nello stesso istante distante e sfuggente, come se
volesse nascondersi. Mi sono posta qualche interrogativo al quale non
ho voluto dare risposta
L'ho ritrovata a Soverato nel 1997
quando, nell'ambito dei lunedì letterari, ha presentato il suo
romanzo in versi "Nel
nome della madre",
che mi è piaciuto tanto e che ho subito comprato. Da qui e... dalle
notizie della sua biografia……
i suoi libri sono recensiti da
illustri personalità della cultura accademica: Giampaolo Rugarli,
(scrittore) Donato Valli (Rettore dell'Università di Lecce), Mario
Luzi (uno dei più grandi poeti del '900),
Quindi capirete bene la mia
curiosità di conoscere questa
donna, che mi era
sembrata complessa e misteriosa, il che mi intrigava. L'unico modo
possibile per capire
era leggere le sue poesie e l'ho fatto. Ho fatto uno sforzo perché
la poesia di Giusi è complessa nella struttura del linguaggio, e, di
conseguenza nel contenuto: immagini, simboli (IO)
e metafore (Viaggio)
si ripetono continuamente e si contrappongono in un gioco
di parole
intessute di ironia e musicalità. Si
legge un percorso
ellittico - soggettivo carico di memoria, che inizia da sé, e a sé
torna e nel quale anche il suo segreto Narciso
si espone, si nasconde, attende……per trovare la misura di sé, la
sua parzialità di donna che scrive partendo dalla sua esperienza,
dalle quotidiane e labili certezze, dai mobili e gli arredi che la
circondano, dai suoni familiari, dalle luci e dai colori della sua
terra. Il senso della sua poesia rivela la sua condizione
esistenziale, e nella sua condizione esistenziale si può leggere,
nelle linee generali, la nostra: delle donne della nostra
generazione: donne emancipate alla ricerca della propria libertà
di esistenza.
Libertà di
esistenza intesa
non come affermazione autoreferenziale individualistica o di gruppo,
ma come costruzione di un pensiero autonomo, differente, che
modifichi il reale attraverso la relazione con gli altri e le altre.
Il che non può avvenire, secondo me, senza aver prima modificato il
proprio universo interiore: percorso lungo e a volte doloroso, ma
necessario!
E ognuna di noi ha cercato di
trovare quella libertà, secondo modalità e percorsi diversi tutti
da rispettare e da accettare pur se non condivisibili E la libertà
Giusi la ricerca con la parola che per lei è sempre interrogante e
catartica e le fa da guida divinatoria nel viaggio metaforico che fa
nei meandri del suo inconscio, della mente e del cuore. Un Viaggio
che inizia con
"Itaca
Itaca"
(1988) continuo, ininterrotto, a volte tenero, a volte crudele, a
volte ossessivo, popolato di fantasmi personali e collettivi, che
esorcizza in attesa di una preziosa epifania: un Altrove
che la
conduca verso una dimensione di Luce.
Il viaggio irredento di Giusi in Itaca Itaca oscilla sempre tra
l'essere e il
dover apparire, tra
andate e ritorni che non sono mai quelli di arrivo. "Nel
Nome della madre",
la rivisitazione del passato è catarsi dell'anima, e, reinterpretato
sulla base delle proprie domande, si fa presente.
La madre - terra,
reale e simbolica dà senso alla vita, stabilità emotiva, ed è la
memoria vivificante del ritorno e dell'appartenenza:
…Torniamo madre all'unica
certezza che ci resti
un paese a balcone sopra il mare
ed una grande casa coi gerani
e il terrazzo sconnesso, a cielo
aperto, con sulle travi un nido di piccioni
La casa quindi rappresenta il
presente del ritorno e la madre l'assenza colmata
Adesso assieme io e te, bambina
e madre
Tu madre ormai bambina,
io per amore aperta al doppio
ruolo,
viviamo già assuefatte
al vigore sconnesso delle cose:
all'accadere…..
In "Luce
da Hakepa" Giusi
fa un personale bilancio che possa illuminare il percorso di sé, ma
nello stesso tempo si apre agli altri verso un nuovo
divenire…All'alba del 2000 ci dà un'indicazione geografica: due
fari: L'isola e il monte. Pitt Island è
il silenzio, il
monte Hakepa il
punto della luce,
il riscatto e il ritorno.
Nel transito epocale su di noi:
….Di qua
si abbatte un secolo foriero di
tempesta
rosso delle sue storie di guerra
e di follia. Di là
s'apre un millennio: si espone
quasi
osceno all'incertezza cupa dei
suoi eventi. (pag
26)
Il corpo luminoso della nipotina
Ilaria appena nata apre la storia col millennio, porta i segni della
nostra fatica e ci indica un insondabile futuro.
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