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Piccole Donne
a cura di
Marisa Rotiroti
Soggetto:
tratto
dall’omonimo romanzo di Louisa May Alcott del 1868, le
“piccole donne” hanno vissuto nei nostri cuori per intere
generazioni..
Il film
Piccole donne,
è il
terzo film sonoro (le due versioni mute: 1917 di Alexandere Butler e
1918 di Harley Knoles sono andate perdute) tratto dall’omonimo
romanzo della Alcott, che, dopo cento anni, ha ancora qualcosa da
dirci. Nel 1933 Hollywood ne ricavava un film con Katherine Hepburne
e nel 1949 con Liz Taylor e June Allison; nel 1979 in Italia veniva
tratto un “musical” ironico, nel 1994 ha ispirato il film di
Gillian Armstrong, (australiana) primo film a regia femminile; In
realtà la determinazione di Winona Ryder a voler interpretare Jo e
le pressioni della produttrice e della sceneggiatrice Robin
Swicord hanno convinto la regista a realizzare un altro film su una
scrittrice, come già aveva fatto con “La
mia brillante carriera”.
Il libro è troppo noto per richiamarne la trama e il film è molto
aderente, anche se approfondisce meglio il contesto storico,
culturale e sociale degli Alcott consentendoci di capire meglio la
diversità della famiglia March.
Il film,
ambientato in America, racconta un anno della vita di una famiglia
americana durante la guerra civile che, tra il 1861 e il 1865, vede
gli Stati del Nord contro gli Stati del Sud e la loro politica
schiavistica di cui si coglie solo un’eco indiretta. La regista
pone l’accento sulla vita quotidiana delle quattro ragazze March,
sulle giornate nere e su quelle gaie, sul lavoro e sui divertimenti e
soprattutto sulla realizzazione dei loro desideri. Traccia in
definitiva l’itinerario psicologico e di esperienza attraverso la
quale elle crescono e maturano la loro personalità. Il film è stato
molto apprezzato all’estero, in Italia è piaciuto soprattutto alle
donne. I critici, qui, lo hanno giudicato zuccheroso, noioso, fuori
moda, non adatto ai maschi. Il tentativo di inficiare l’opera
arriva a servirsi dell’affermazione della Alcott “non mi
piacciono le ragazze”: in realtà non le piaceva lo stereotipo che
le ragazze del suo ambiente sociale erano costrette a incarnare.
Significativi nel
film gli episodi delle due proposte di matrimonio: non solo Jo, ma
anche la più convenzionale Amy, sostenute dall’insegnamento
materno, rifiutano il matrimonio finalizzato a qualcos’ altro che
non sia il reciproco desiderio.
E’ stata anche
disapprovata la scelta di Winona Ryder come interprete di Jo perché
“troppo bella”, e una monellaccia…non può
esserlo…naturalmente.secondo lo stereotipo della percezione
maschile, come ebbe a rispondere la stessa regista in
un’intervista. In realtà la Jo di oggi è molto più vicina
all’immaginario di molte di noi che vogliamo costruire il bene
attraverso la responsabilità, di quanto non lo sia la Hepburn
che lotta per l’emancipazione e la distruzione del male.
Leggo in tali
giudizi l’incapacità dei critici di entrare in un mondo di
relazioni femminili qual è quello della famiglia March.
Le figure maschili
sono sbiadite: il padre, un pastore protestante rigoroso fino
al fanatismo e all’irresponsabilità verso la famiglia, è assente
nel film come nel romanzo (assente per scelta dell’autrice);
Laurie, nipote del vecchio sir Laurence divenuto ricco con il
commercio nelle Indie, osserva a lungo dietro i vetri e desidera
entrare in questa comunità femminile: ci riesce ma solo accettando
le regole e riconoscendo l’autorità femminile. Ogni volta
che cerca di reintrodurre le regole convenzionali ne viene espulso.
Bella è la figura
di Friedrich che riesce a comprendere pienamente il cuore di
Jo “leggere il tuo libro è stato come aprire una finestra sul
tuo cuore”.
L’interpretazione
di Susan Sarandon
è superba:
ella è la madre
che avremmo voluto avere e che vorremmo essere:
punto di riferimento,
capace di dare sostegno affettivo, di autorizzare le figlie e i figli
ad andare libere/i nel mondo a scegliere ed inventarsi la propria
vita. “Va’,
corri incontro alla libertà e scopri quali cose meravigliose ha in
serbo per te” dice
la madre a Jo.
Il film si
conclude con la scena della pioggia purificatrice e ci
richiama alla memoria le parole di Friedrich sulla definizione di
Trascendentalismo (filosofia romantica tedesca): “gettando
via tutte le costrizioni arriviamo a conoscerci attraverso
l’introspezione e l’esperienza”, insegnamento di cui ancora
oggi possiamo far tesoro.
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